Altro che crepa. A metà legislatura, in Veneto, è una vera faida di potere quella che sta dividendo la Lega di Luca Zaia e le ambizioni dei Fratelli d’Italia, relegati finora a fare da comparse nella giunta che a settembre 2020 nacque dopo lo stratosferico 76 per cento del rieletto governatore. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha chiesto la testa di Roberto Marcato, il potente assessore allo sviluppo economico che una settimana fa aveva arringato i fedelissimi durante un comizio a Montorio, in provincia di Verona, puntando più sull’incisività e meno sull’eleganza: “Fratelli d’Italia, visto che ha avuto un risultato alle politiche un po’ più forte del nostro, vuole cambiare le carte. E dice: vogliamo dei posti in più… Ecco, io voglio militare in un partito che quando Fratelli d’Italia fa queste richieste la risposta è: col cazzo!”. Per non essere frainteso aveva ripetuto l’espressione per due volte.

Gli equilibri in vista del 2025 – La battuta non è venuta a caso, perché in gioco ci sono gli equilibri tra alleati in vista delle elezioni regionali del 2025, considerando che il partito della premier ha già concesso al Carroccio la presidenza della Lombardia al riconfermato Attilio Fontana e la candidatura in Friuli Venezia Giulia all’uscente Massimiliano Fedriga. Se pensiamo che ad autunno si vota in Trentino, dove Maurizio Fugatti, ancora un leghista, sbraccia per essere ripresentato, il Veneto rischia di diventare, in prospettiva, un caso. Nel frattempo Fdi ha avanzato una precisa richiesta: avere almeno un posto nella verifica di metà legislatura su vicepresidenti e segretari del consiglio regionale, oltre che presidenti di commissione, dove la maggioranza “zaiana” ha fatto il pieno. Ma adesso non c’è solo il problema di qualche posto in più, ma anche dell’ingombrante assessore. Secondo Il Mattino di Padova, Meloni ha commentato con i suoi: “Se un mio ministro si fosse rivolto in quel modo a un collega di un altro partito, sarebbe già fuori dal governo”. Secondo Il Gazzettino la premier ha telefonato direttamente a Zaia chiedendo esplicitamente le dimissioni di Marcato.

La base leghista sta con l’assessore – Difficile che Zaia molli il suo assessore, anche perché è candidato al posto di segretario regionale in competizione con il commissario Alberto Stefani, plenipotenziario di Matteo Salvini in Veneto. L’applauso che ha accompagnato le parole “identitarie” di Marcato è arrivato da una platea dove sedevano alcuni consiglieri regionali leghisti e l’ex assessore alla sanità del Veneto Luca Coletto, oltre a Palmarino Zoccatelli, presidente dell’associazione Veneto-Russia. Zaia, quindi, smentirebbe la sua base. Basta leggere i commenti sul sito Facebook dell’assessore che conta oltre 140mila follower, per capire quale sia l’umore dei leghisti. Molti gli avvisi a Meloni: “Attenzione Giorgia!! Il Veneto non è Roma!!”, “Una medaglia la loro isterica reazione”, “Ma basta la romana ha rotto il c…”, “Ma me domande, la Meloni de cosa se intriga dei nostri afari?”, “Non è perché è premier che è diventata dio”. Infine: “Cara Giorgia, Roberto non si tocca! Ha detto la verità e quindi non hai bisogno di nessun’altra spiegazione”. Ci sono poi gli elogi sperticati all’assessore: “Averne di politici come Marcato e Zaia! Non sono giullari di corte come la carciofara senza ideali e senza idee. Magari i leghisti di Roma fossero come loro…”. “Grande Dottor Marcato”. “Bulldog Marcato”. “Io sto con Roberto”. “Il migliore, ma soprattutto veneto doc”. “Il leone di San Marco ruggisce ancora”. “Roberto, el Veneto xe con ti”. Alla luce di questo movimento social-popolare – racchiuso nella bolla dei sostenitori di Marcato, va sottolineato – è più facile che Zaia possa concedere qualche nomina a Fratelli d’Italia quando il 12 aprile ci sarà la verifica di metà mandato, anche se finora aveva detto che la squadra che governa il Veneto ha lavorato bene per due anni e mezzo e non si vede motivo per cambiarla. Gli alleati però adesso – soprattutto dopo l’intervento della loro leader – si aspettano qualcosa.

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