Il rapporto tra il grande divoratore asiatico di commodity brasiliane era decaduto, durante il governo Bolsonaro, il quale seguiva a bacchetta la politica dell’ex presidente statunitense repubblicano Donald Trump poi reiterata nei fatti dal successore democratico Joe Biden. Con il ritorno alla guida del paese di Lula, la diplomazia brasiliana, inizia invece un nuovo cammino che potrebbe avere dei risvolti imprevedibili. Sebbene Lula e l’imponente colossale delegazione politica-commerciale brasiliana a suo seguito abbiano dovuto rimandare l’atteso viaggio in Cina a causa di una polmonite che ha colpito il presidente brasiliano alla vigilia della partenza, un’efficiente staffetta del governo e uomini d’affari brasiliani hanno proseguito comunque il viaggio verso Pechino. Qui il 29 marzo è stato annunciato che gli esportatori brasiliani non avranno più bisogno di utilizzare il dollaro, per effettuare le loro transazioni commerciali con la Cina.

In una dichiarazione congiunta, i due Paesi hanno annunciato la creazione di una “Clearing House”, un istituto bancario che consente la compensazione di crediti e debiti tra i due Paesi, senza passare per il dollaro né utilizzare lo Swift, acronimo di Society worldwide interbank financial, a cui aderiscono più di 11.600 banche nel mondo. L’escamotage commerciale tra i due paesi consentirà alle imprese, ma anche ai rispettivi governi, di risparmiare miliardi di reais e yuan che avrebbero speso, per pagare operazioni di cambio che contribuiscono a sostenere la moneta americana nel mondo. È proprio questo che teme Washington, ma anche l’Europa che, in base agli accordi di Bretton Woods, usa il dollaro come riserva monetaria.

L’ingresso del Brasile nella Clearing House preoccupa gli Usa, perché potrebbe rafforzare sia la Cina che la Russia, cui paesi cercano d’implementare meccanismi commerciali che escludano il dollaro come forma di pagamento. Il tentativo ridurrebbe l’influenza economica e politica americana nel mondo. La fuga dal dollaro, tattica monetaria adottata ormai d’altri paesi nel mondo, contribuirebbe ad eludere le sanzioni economiche promosse da Washington non solo contro la Russia, ma anche verso altri paesi come Cuba. Il Brasile ha ricevuto quasi la metà degli investimenti cinesi in America Latina tra il 2007 e il 2020, ovvero più di 70 miliardi di dollari, secondo la Camera di Commercio Brasile-Cina. La ex presidente del Brasile, Dilma Rousseff, andrà a vivere a Shanghai, per guidare la banca dei Brics cui portafoglio consentirà d’investire, anche in Brasile, dove Lula combatte una lotta con Roberto Campos, il presidente della Banca centrale brasiliana, (nominato dall’ex presidente Bolsonaro ndr), il quale si oppone alla riduzione del costo del denaro.

Negli ultimi anni, la crescita dei paesi membri dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) ha rappresentato il 65% dell’espansione del Pil mondiale. A parità di potere d’acquisto, il Prodotto interno lordo dell’organizzazione supera quello degli Stati Uniti o dell’Unione Europea. L’ansia di Biden, per il riavvicinamento del Brasile con la Cina, è aumentata, quando Lula, un giorno dopo l’annuncio dei nuovi accordi commerciali, ha deciso di non firmare la dichiarazione finale del Vertice per la democrazia, evento promosso specificamente dal presidente democratico Biden, poiché l’amministrazione brasiliana non è d’accordo con il tipo d’attenzione data al conflitto in Ucraina e con “l’uso” del summit per condannare la Russia.

Secondo quanto riporta il quotidiano brasiliano O Globo il ministero degli Esteri brasiliano ritiene che gli ambiti appropriati per affrontare il tema del conflitto in corso siano l’Assemblea generale e il Consiglio di sicurezza dell’Onu. In una lettera inviata al vertice da Lula, il presidente afferma che “La bandiera della difesa per la democrazia non può essere usata per erigere muri o creare divisioni”. Il presidente brasiliano, uno dei pochi leader politici che parla di pace nel mondo, si fa portavoce di una “pax” in Ucraina promossa da paesi non coinvolti nel conflitto. A Washington, durante la visita di Lula, durata meno di 48 ore (quella in Cina durerà in pompa magna cinque giorni, ndr), il presidente Biden ottenne una dichiarazione congiunta di condanna dal suo omologo brasiliano, contro l’invasione militare russa nel paese confinante.

L’asserzione è stata ripetuta anche all’Onu, ma il Brasile ha specificato d’opporsi a misure unilaterali, come sanzioni e spedizioni di armi, oltre ad essere contrario all’espulsione di Mosca dalle organizzazioni internazionali. Il ministro degli Esteri del Brasile, Mauro Vieira, ha dichiarato in una intervista al giornale Estadão che la “dottrina Lula” in materia di politica estera, nel suo terzo mandato presidenziale, sarà basata su un “recupero dell’immagine del Brasile” nel mondo e “con ciò, il Paese riprenderà la sua tradizione diplomatica di dialogo con tutti i tipi di interlocutori, indipendentemente dall’orientamento politico”.

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