L’inchiesta sui conti della Juventus arriva in un aula di tribunale. Davanti al giudice Marco Picco inizia l’udienza preliminare dopo la richiesta di rinvio a giudizio per Andrea Agnelli, Pavel Nedved, Maurizio Arrivabene, Fabio Paratici, il legale Cesare Gabasio e altri sei ex vertici bianconeri formulata dalla procura di Torino. Ma con ogni probabilità il procedimento subirà immediatamente un lungo stop. È probabile che le difese sollevino la questione della competenza territoriale dell’indagine e quindi dell’eventuale processo. Tutto dipende da uno reati contestati dal pool di magistrati, del quale non fa più parte il pubblico ministero Ciro Santoriello, che ha deciso di astenersi dopo le polemiche per le frasi sul suo tifo per il Napoli e “l’odio per la Juventus”.

I reati contestati – Agli ex vertici del club vengono contestati, a vario titolo, i reati di falso in bilancio, aggiotaggio informativo, ostacolo alla vigilanza e dichiarazione fraudolenta. L’aggiotaggio informativo si sarebbe concretizzato attraverso le false informazioni fornite al mercato relativamente ai risultati di bilancio e alle “manovre stipendi”, con le quali – secondo l’accusa – la Juventus aveva rappresentato un maggiore risparmio sugli stipendi sapendo invece che esistevano già accordi per un semplice posticipo incondizionato nelle annate successive senza possibilità di evitare il pagamento. Ed è proprio sulla comunicazione ai mercati che si gioca subito una partita importante tra difesa e accusa.

Lo scontro sull’aggiotaggio – Secondo gli avvocati, l’aggiotaggio informativo si sarebbe eventualmente concretizzato a Milano a Roma. Nel capoluogo lombardo ha sede la Borsa italiana dove il titolo della Juventus è quotato e nella Capitale c’è invece la sede la società che gestisce la piattaforma 1INFO attraverso la quale il club bianconero inserisce i suoi comunicati price sensitive rendendoli disponibili agli azionisti. Per i legali, quindi, l’inchiesta e l’eventuale processo devono essere spostati in una delle due procure. Per la Guardia di finanza e i pubblici ministeri, invece, “il comando di invio è sempre ordinato da dispositivi-uffici di Juventus” e da quel momento l’operazione è “irreversibile”, il file è “immodificabile” e il comunicato risulta pubblicato nel giro di pochissimo tempo, spesso questione di secondi. Il reato insomma si è consumato a Torino, chi ha indagato era quindi titolato a farlo e la sede naturale del processo è il capoluogo piemontese.

Uno stop di qualche mese – Con ogni probabilità, anche in virtù della riforma Cartabia, il giudice Picco deciderà di far decidere la Cassazione, evitando che la richiesta possa essere reiterata in successivi (eventuali) fasi del procedimento rischiando di azzerarlo. Il coinvolgimento dei Supremi giudici comporterà un fermo di qualche mese, durante i quali continuerà a scorrere la prescrizione. Poi, una volta sciolta la riserva, si tornerà a Torino (o altrove) in aula per stabilire se, come sostengono il procuratore aggiunto Marco Gianoglio e il pubblico ministero Mario Bendoni, dentro la Juventus tutti sapevano dello stato comatoso dei conti e delle “manovre correttive”, studiate per “alleggerire” i bilanci consentendo così la “permanenza sul mercato” senza la “perdita” dei pezzi pregiati.

Le accuse – Due le direttrici che sarebbero state seguite: le plusvalenze “artificiali” con lo scambio di giocatori, anche giovanissimi, a prezzi ritenuti gonfiati e le due “manovre stipendi” in seguito alla pandemia Covid. La diffusione del virus divenne – secondo i magistrati – una “opportunità” e una “copertura formale” dietro la quale nascondere i reali motivi di una “allarmante situazione economica, patrimoniale e finanziaria” che negli ultimi anni ha portato l’azionista di maggioranza Exor a dover pompare 700 milioni di euro per gli aumenti di capitale. Iniezioni di denaro che vengono descritte come “insufficienti”, anche dagli stessi indagati, e “aprono le porte ad un preoccupante scenario presente e futuro”, ad avviso dei pubblici ministeri. A corredo delle accuse, sempre respinte in toto dalla Juventus, ci sono oltre 17mila pagine di intercettazioni e altri atti, tra cui una consulenza che ha inquadrato il patrimonio netto in campo “negativo” nel 2018/19 e 2020/21. Un valore, quest’ultimo, che “integra una causa di scioglimento” della società senza le opportune iniziative correttive previste dal codice civile.

Le politiche “dissennate” – Dopo mesi di polemiche, attacchi e contrattacchi, e una prima condanna in sede sportiva da parte della Corte d’Appello federale che ha inflitto 15 punti di penalizzazione alla Juventus, ora in attesa del giudizio del Collegio di garanzia del Coni, la vicenda penale arriva quindi davanti a un giudice. Un primissimo passo verso l’accertamento di eventuali reati commessi dagli ex vertici bianconeri con le loro politiche “dissennate”, come le definiva John Elkann, ceo dell’azionista di maggioranza Exor e non indagato, in un’intercettazione con il cugino Andrea Agnelli. L’uomo che ha guidato i bianconeri per 13 anni ha lasciato la Juve e tutti le altre posizioni nei consigli d’amministrazione della stessa Exor e di Stellantis, le due società quotate del gruppo. Prima dei magistrati, è arrivata questa mossa – annunciata a gennaio, “in accordo” con il cugino – molto simile a un giudizio assai spietato sul suo operato degli ultimi anni.

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