Si parla da anni e giustamente di “teatrino della politica”. E non a caso! Pensiamo alla destra e al “teatrino” che riesce quotidianamente a mettere in scena. Da un lato ci sono i buoni, cioè loro stessi: Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Dall’altro i cattivi che, fino al mese scorso, erano solo Giuseppe Conte e suoi i Cinquestelle. Da qualche settimana lo schieramento dei cattivi è stato allargato ad Elly Schlein e dunque al “suo” Pd.

A fianco dei buoni ci sono i loro amici o presunti tali, gli attori-protagonisti dello spettacolo a favore dei quali si sollecita il pubblico a schierarsi: Giorgia ha scelto la Nato (e anela a ingaggiare la Chiesa, che però al momento è governata da un pacifista), Matteo ha optato per gli industrialotti (meglio se padani) e, insieme a Silvio, ha da tempo ingaggiato i piccoli e grandi evasori; Silvio, inoltre, va ancora sull’usato sicuro e coltiva il pubblico delle sue tv spazzatura.

Anche i cattivi hanno degli amici che, nella narrazione della destra, devono essere osteggiati e combattuti ancor più degli avversari ufficiali. Gli attori protagonisti che impersonano i nemici sono molto ben identificati: Meloni ha scelto Vladimir Putin; Salvini i migranti; Berlusconi i giudici. Ma la schiera degli “amici dei nemici” è ben più folta: i sindacati e i giovani quando disturbano il potere con le loro proteste, la burocrazia e la Ue quando si frappongono alle scelte del governo, la stampa nei (rari) casi in cui non è asservita.

La regia del teatrino deve però fare i conti con un problema serio: la realtà dei fatti è spesso qualcosa che travolge le rappresentazioni messe in scena. Capita che il pubblico non riesca a tirare la fine del mese e non abbia tempo né soldi per dedicarsi al teatro; accade che coloro che sono dipinti come nemici siano in realtà bambini che finiscono uccisi sulle spiagge italiane; succede addirittura che la gente, a grande maggioranza, veda come il fumo negli occhi l’idea che l’ostilità a Putin obblighi a concentrare gli investimenti sulle fabbriche d’armi anziché sulle fabbriche della salute e del sapere.

E qui entrano in gioco due parti in commedia, entrambe necessarie e indispensabili per spostare l’attenzione degli spettatori su problemi lontani dalla realtà quotidiana. Da un lato ci sono i capri espiatori. Ogni mese i registi della destra mettono in scena una new entry: i giovani dei rave party; i percettori dei redditi di cittadinanza; i bancomat; il superbonus; i presidi e i professori di sinistra; gli scafisti e, da ultimo, la banda Wagner. Dall’altro lato ci sono strumenti di distrazioni di massa come quelli inventati nell’ultimo Consiglio dei ministri: la riforma fiscale che abbasserà le tasse a tutti e il Ponte sullo stretto. Le dentiere gratis, per il momento, sono tenute nel cassetto nel caso di future necessità.

Qual è il reale grado di successo di questo spettacolo quotidianamente inscenato dalla destra di potere? Una parte rilevante del pubblico, almeno quella ancora interessata a questo genere teatrale, apprezza e applaude. La parte maggioritaria invece ha deciso di dedicarsi ad altri passatempi e si astiene. Ci sono alternative? E’ possibile immaginare altri scenari, altri spettacoli e altre trame? Io penso proprio di sì. Perché accada e, soprattutto, per evitare che la maggioranza degli spettatori continui a popolare i teatrini della destra servono però alcune condizioni.

La prima è che coloro che sono interessati a narrazioni alternative cerchino di non confondere il pubblico, evitino di sovrapporre i calendari e, solo laddove è possibile, provino a mettere in scena spettacoli unitari. Fuor di metafora: è ora di smetterla di classificare a sinistra ciò che è di centrodestra; il riformismo, senza sinistra, è neoliberismo. Insomma: Carlo Calenda e Matteo Renzi che c’azzeccano con l’alternativa alle destre? Con la vittoria di Schlein deve invece aprirsi una stagione di dialogo e di collaborazione con il popolo e le forze del centrosinistra che eviti concorrenze inutili e scelga temi davvero in grado di coinvolgere e appassionare pubblico ed elettori. Per esempio: deve ancora passare tanto tempo perché il Pd, insieme ai 5 stelle, si decidano a realizzare insieme un grande spettacolo dedicato al disarmo?

La seconda condizione è che la critica, cioè la stampa, ricominci a fare il proprio mestiere e la smetta di fare da pura cassa di risonanza al misero copione che la destra prova quotidianamente a mettere in scena. Ci riuscirà? Se penso allo stato attuale delle nostre tv viene da rispondere negativamente. Se penso invece ai giornali mi sembra di intuire che, dopo il letargo che ha accompagnato il governo del messia venuto da Francoforte, ci sia qualche piccolo segnale di risveglio. Restano i social con tutte le loro contraddizioni. Sarà sufficiente? Ho seri dubbi. Ma piuttosto che niente…

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