Sull’impatto della guerra ucraina, a breve e medio termine, molte previsioni degli esperti occidentali si sono rivelate fallaci. Frutto non soltanto di dati incerti e modelli approssimativi, ma anche di una grossolana propaganda, facile da canzonare. Nel nuovo millennio, l’abuso della credulità popolare è il motore delle democrazie “moderne”, almeno da quando l’ex-generale Colin Powell brandì una fiala parlando al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per giustificare l’invasione dell’Iraq. Era il 5 febbraio del 2003. E dell’arma batteriologica di Saddam Hussein si perse ogni traccia. Queste previsioni, però, erano spesso fondate su considerazioni affatto ragionevoli e ampiamente condivise. Bisogna capire perché siano miseramente fallite.

La catastrofica crisi del grano, per esempio, non c’è stata. Gli esperti avevano previsto una fortissima penuria di grano, sia per la penalizzazione dei raccolti ucraini, sia per l’interruzione delle spedizioni dai porti del Mar Nero. La penuria avrebbe aumentato i prezzi degli alimenti di prima necessità, dalla farina alla pasta e al pane, giacché Russia e Ucraina esportavano assieme più di un quarto del grano mondiale.

Perché non è successo? In pratica, gli abbondanti raccolti di grano nel mondo e le esportazioni ucraine, consentite comunque dagli accordi promossi dalla mediazione turca nel giugno 2022, hanno evitato una diffusa carestia in Africa settentrionale e sub-sahariana, Medio Oriente e Sud-est asiatico. La spinta inflattiva in Occidente innescata dall’aumento dei prezzi alimentari è stata parzialmente contenuta. E il sistema globale della produzione cerealicola ha dimostrato una resilienza inattesa.

L’anno scorso l’Ucraina ha raccolto 20 milioni di tonnellate di grano, circa il 25 percento in meno del solito. Il calo delle esportazioni ucraine è stato compensato da un aumento della produzione registrato altrove. Nel 2022, la disponibilità mondiale di grano è aumentata per via delle ottime rese cerealicole alcuni paesi, soprattutto Canada e Russia, che hanno aumentato le esportazioni. E la decisione presa a novembre per prolungare l’accordo sui transiti nel Mar Nero ha prodotto un immediato calo del prezzo del grano di circa il tre per cento (vedi Figura).

Allo scoppio della guerra non era chiaro come le spedizioni del grano ucraino e russo avrebbero raggiunto i mercati. E i prezzi del grano erano saliti alle stelle con un effetto devastante sui paesi che dipendono dalle importazioni. A ben vedere, però, il prezzo del grano stava aumentando vertiginosamente anche prima della guerra. Le cause principali erano l’impatto della pandemia sulla catena logistica e, soprattutto, la prolungata congiuntura meteorologica, le diffuse condizioni estreme degli tre anni precedenti.

Dopo il balzo innescato dalla guerra, i prezzi del grano sono scesi dai loro massimi, ma rimangono elevati sui livelli già raggiunti prima del conflitto, stellari rispetto a un lustro fa. La crescita più elevata si è osservata tra il marzo 2020, con lo scoppio della pandemia, e il febbraio 2022 quanto il prezzo è aumentato del 50 percento rispetto ai dieci anni precedenti. La guerra aveva dato una spinta ulteriore del 20 percento rientrata del tutto all’inizio del 2023 con l’accordo del Mar Nero, prima, e poi con il suo temporaneo rinnovo.

La ghigliottina dei prezzi penalizza molti paesi che sopravvivono grazie alle importazioni di grano, come il Congo, l’Etiopia e il Sudan oggi posti di fronte a una pesante crisi alimentare. All’aumento del prezzo del grano si sommano la crescita dei prezzi dell’energia e il drenaggio delle risorse necessarie a fronteggiare la pandemia; senza contare il rafforzamento del dollaro Usa su tutte le altre valute poiché il prezzo di gran parte delle materie prime è fissato in dollari. Cinque anni fa un dollaro valeva circa un euro e un quarto, mentre nell’autunno del 2022 l’euro era sceso sotto la parità.

La guerra è uno dei tanti fattori che contribuiscono a peggiorare l’insicurezza alimentare a scala globale. L’Africa orientale, per esempio, continua a dover sopportare siccità che durano anni, oltre alla cronica instabilità politica. Prima dello scoppio della guerra in Ucraina, le persone denutrite erano circa 744 milioni secondo le stime della Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura). Sulla base di nuove proiezioni in uno scenario di prezzi più elevati questa popolazione è cresciuta di circa dieci milioni. La causa è soprattutto economica, poiché i prezzi internazionali sono fortemente aumentati per molte ragioni. Anche se la pandemia e la guerra europea hanno fatto vacillare il paradigma della globalizzazione, il mondo continua a funzionare in modo assai interconnesso.

La guerra ha contribuito ad aumentare i prezzi dell’energia, con un impatto sui tassi di interesse governati dalla finanza, il motore primo dell’Antropocene. Per l’agricoltura, però, la più grave incognita è il tempo meteorologico. In particolare, gli eventi meteorologici estremi, che si stanno verificando con maggiore frequenza e forse anche severità, giocano un ruolo determinante. La correlazione statistica tra l’indice Spei a scala globale (l’Indice Standardizzato Precipitazione-Evapotraspirazione a breve e medio periodo) e il prezzo del grano andrebbe esplorata con cura per implementare a scala globale le politiche di adattamento climatico del settore alimentare.

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