Nelle stesse condizioni Silicon Valley Bank sarebbe fallita anche trent’anni fa? La domanda non è così peregrina come potrebbe sembrare. La banca ha compiuto degli errori, non ha correttamente interpretato le linee di politica monetaria della Federal Resereve e le ricadute che avrebbero avuto sui suoi bilanci. Ma a dare il colpo di grazia all’istituto californiano è stata l’incredibile velocità con cui si è materializzata la “corsa agli sportelli”, ovvero il fatto che molti depositanti abbiano deciso all’unisono e tutti insieme di ritirare i soldi depositati presso la banca. Una circostanza che nessuna banca è in grado di reggere per come è strutturata. Sebbene nelle crisi bancarie i problemi di liquidità (semplificando la disponibilità di denaro contante in cassa) e di solvibilità (possedere asset e investimenti che se venduti permettono di soddisfare con il ricavato i propri creditori) tendano spesso a intrecciarsi, sono due elementi diversi.

Una massiccia corsa agli sportelli può lasciare senza soldi, e quindi far fallire, anche banche che potenzialmente avrebbero le capacità di soddisfare le richieste dei correntisti. È semplicemente una questione di tempo. Si dice che la liquidità “uccida in fretta” ma ora, nell’epoca delle transazioni on line e delle chat la sua azione è diventata ancora più fulminea. Ci sarebbe stato infatti anche un rapido giro di messaggi tra operatori del settore dietro la repentina e diffusa richiesta di chiusura dei conti. Qualcosa di simile, seppur con esiti meno infausti, si è visto all’opera lo scorso ottobre quando anche un peso massimo come Credit Suisse è stato messo temporaneamente in seria difficoltà da prelievi provenienti soprattutto dall’Asia, innescati da una serie di indiscrezioni più o meno fondate sulle condizioni delle banca circolate sui social media. La rapidità con cui si possono coordinare i movimenti di grandi masse di capitali si è vista anche nel caso di GameStop, catena di punti vendita di videogiochi le cui azioni sono state all’improvviso spinte su valori fantasmagorici che hanno mandato a gambe all’aria fondi speculativi che avevano fatto scommesse di senso opposto. La questione è stata sollevata, in termini un po’ più tecnici, anche dall’economista Michel Pettis, docente di finanza alla Guanghua School of Management, che su Twitter ha rimarcato il peso che la velocità dei prelievi ha avuto nel segnare il destino di Svb.

Le predite di 2,2 miliardi di dollari registrate da Svb non erano mostruose rispetto alle sue dimensioni. La banca si è rivolta al mercato in modo forse un po’ ingenuo per un soggetto così strutturato ma con ragionevoli speranze di ottenere un’accoglienza meno glaciale per il suo aumento di capitale da 2,2 miliardi. L’impressione è che la situazione sia poi sfuggita di mano più rapidamente di quanto fosse ragionevole supporre. Con più tempo a disposizione la banca avrebbe forse potuto scongiurare il clamoroso fallimento. Il tempo è sempre stato denaro ma ora lo è ancora di più. Le sorti di una banca si possono decidere nel giro di millisecondi, il tempo che un messaggio impiega a diffondersi su un gruppo di whatsapp.

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La crisi della Lehman Brothers la pagarono i greci. E quella della Silicon Valley Bank a chi toccherà?

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