Gaspare Spatuzza torna in libertà, seppur solo vigilata per il momento. Il pentito di mafia ha infatti ottenuto la libertà condizionale. Lo scrive il Corriere della Sera spiegando che Spatuzza, che ha 59 anni e ne ha trascorsi 26 da detenuto, da due settimane non ha più i vincoli della detenzione domiciliare a cui era sottoposto dal 2014. Per cinque anni dovrà osservare alcune prescrizioni, come non frequentare “abitualmente” pregiudicati, o non uscire dalla provincia in cui abita senza autorizzazione.

Ex imbianchino diventato killer di fiducia dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, detto “u tignusu” perché cominciò da giovane a predere i capelli, Spatuzza è stato arrestato nel 1997, quando dopo l’arresto dei suoi capi aveva ereditato la guida del mandamento mafioso di Branciaccio. Condannato per le stragi di Roma, Firenze e Milano, per l’omicidio di padre Pino Puglisi e per il sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo (poi ucciso e sciolto nell’acido da altri mafiosi), dopo 11 anni di carcere duro ha deciso di parlare con i magistrati. Si è accusato delle bombe del 1993 ma anche di Capaci e via d’Amelio, per le quali non era neanche sospettato. Per le stesse stragi, tra l’altro, le dichiarazioni di Spatuzza sono servite a mettere sotto accusa anche Matteo Messina Denaro, ancora sotto processo davanti alla corte d’assise d’appello di Caltanissetta.

La collaborazione dell’ex killer dei fratelli Graviano è stata fondamentale soprattutto per riscrivere la storia della strage di via d’Amelio. Il picciotto di Brancaccio si è autoaccusato del furto della Fiat 126, poi trasformata nell’autobomba usata per uccidere Paolo Borsellino e i 5 agenti della scorta. I racconti di Spatuzza, riscontrati accuratamente, svelarono il depistaggio di via d’Amelio, operato con le false dichiarazioni di Vincenzo Scarantino: è in questo modo che sette persone ingiustamente condannate per la strage furono assolte nel processo di revisione.

Il pentito raccontò anche di un incontro avuto con Giuseppe Graviano al bar Doney di via Veneto a Roma, alla vigilia del fallito attentato allo stadio Olimpico, nel gennaio del 1994. “Aveva un’aria gioiosa e mi disse che avevamo ottenuto tutto quel che cercavamo grazie a delle persone serie che avevano portato avanti la cosa – è il racconto di Spatuzza – Io capii che alludeva al progetto di cui mi aveva parlato già in precedenza, in un altro incontro a Campofelice di Roccella. Poi aggiunse che quelle persone non erano come quei quattro crasti dei socialisti che prima ci avevano chiesto i voti e poi ci avevano fatto la guerra. Poi mi fece il nome di Berlusconi. Io gli chiesi se fosse quello di Canale 5 e lui rispose in maniera affermativa. Aggiunse che in mezzo c’era anche il nostro compaesano Dell’Utri e che grazie a loro c’eravamo messi il Paese nelle mani”.

Nel 2010 per Spatuzza venne chiesto il programma di protezione, ma il governo di centrodestra che era in carica all’epoca all’inizio respinse la proposta. L’apposita commissione del Viminale, infatti, contestò le sue dichiarazioni su Graviano, Dell’Utri e Berlusconi, arrivate dopo il termine dei 6 mesi, entro i quali i collaboratori di giustizia devono dire tutto quello che sanno. Successivamente, comunque, il programma di protezione all’ex killer dei Graviano venne accordato e la sua collaborazione è proseguita con permessi premio e arresti domiciliari.

Ora il pentito ha ottenuto a libertà vigilata dopo che la Cassazione, nell’aprile scorso, aveva annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma che in precedenza aveva negato la liberazione condizionale. La nuova pronuncia della stessa Sorveglianza, su parere favorevole delle procure antimafia interpellate, è arrivata dopo il ricorso della sua avvocata, Valeria Maffei. Durante la detenzione Spatuzza ha iniziato un percorso di conversione religiosa e ha chiesto il perdono alle vittime.

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