Anche prima delle privatizzazioni o della crisi economica, Atene non brillava per uso cristallino di fondi europei o per sicurezza. L’autostrada Atene-Salonicco, per dirne una, è stata realizzata solo per le Olimpiadi del 2004: prima di allora si procedeva ad una sola corsia in un tratto dove i morti sono stati centinaia.

Anche prima dei tagli della troika in Grecia il malfunzionamento era routine, non eccezione. Partirei da questo dato per commentare alcune voci che, troppo semplicisticamente, vorrebbero attribuire la paternità del tragico incidente ferroviario di Tempe che ha causato la morte di 57 persone, per lo più giovanissime, alla crisi economica.

Si tratta di una materia che ho seguito personalmente in loco, di cui ho scritto centinaia articoli su queste colonne e a cui ho dedicato un libro, Greco-eroe d’Europa, tradotto in lingua greca dalla Farnesina, ricevendo anche minacce da parte di una certa politica che non gradiva si scavasse troppo sotto l’Egeo.

Questo per dire che sono stato tra i primi in Italia a rivolgere una forte critica alle politiche di tagli indiscriminati effettuati dalla troika. Ma sull’incidente in questione, dovere giornalistico ritengo sia quello di raccontare “tutta” la verità, anche quella scomoda perché arriva a poche settimane dalle elezioni greche, o quella non convenzionale perché impone il dovere del racconto e non dell’oblio e tocca le relazioni con altri paesi, Germania in primis.

Partiamo dal principio. Innanzitutto la vergognosa ed evitabilissima tragedia di Tempe è figlia dell’infinita corruzione greca, che è stata sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo solo a causa del quasi default. Nel 2014 sono stati stanziati 41 milioni di euro per la sicurezza di quel preciso tratto ferroviario, nel frattempo lievitati a 50 milioni ma, come dimostra lo scontro tra l’Intercity e il treno merci, i sistemi elettronici non funzionavano. Chi non ha realizzato i lavori e perché?

La promozione del capostazione di Tempe, come hanno ricostruito i giornali greci, ha dell’incredibile: da facchino a controllore di treni e rotaie. Dal momento che la meritocrazia è merce rara nel paese, c’è di che interrogarsi.

In secondo luogo, onestà intellettuale impone di riflettere su un punto: non solo strade, autostrade, aeroporti o ferrovie; ma si è rivelato marcio un intero sistema-paese che tocca anche la sanità. L’abitudine di offrire una busta (fakellakia) con un paio di migliaia di euro ad un chirurgo non è stata purtroppo ancora debellata nel paese. Anche per partorire si paga. Chi ha elementi concreti (e non ve ne sono) per smentirmi alzi la mano. Uno dei primi giornalisti a scoperchiare questo vaso di Pandora è stato il collega greco Makis Triantafillopulos.

In terzo luogo, ecco i nomi e i cognomi di inchieste e processi.

Nessuno ha dimenticato lo scandalo Ote, il caso Siemens, le tangenti per le Olimpiadi greche del 2004 costate tre volte il dovuto, il caso Tzogatzopulos, l’ex ministro della Difesa scomparso recentemente dopo una mini condanna anche grazie forse ai suoi silenzi dinanzi ai magistrati, i sommergibili acquistati da Atene con timoni rotti e auto blindate da 200mila euro per alcuni ministri. In quegli anni il numero uno della Siemens in Grecia, Michalis Christoforakos, si rifugiò a Monaco, mentre la giustizia tedesca faticava non poco a soddisfare la richiesta dei magistrati greci. Nel mezzo, udienze rimandate per mancanza di traduttori, fondi europei per l’agricoltura distribuiti a pioggia senza un minimo controllo, pannelli fotovoltaici impiantati con indennizzi record per i proprietari terrieri. Tutto documentato nel mio pamphlet Greco-eroe d’Europa.

Anche prima delle privatizzazioni o della crisi economica, Atene non brillava per uso cristallino di fondi europei o per sicurezza. L’autostrada Atene-Salonicco, per dirne una, è stata realizzata solo per le Olimpiadi del 2004: prima di allora si procedeva ad una sola corsia in un tratto dove i morti sono stati centinaia.

Alla luce di questi fatti, dunque, non posso accettare che sia una sola e semplicistica spiegazione a consolare genitori, fratelli, fidanzati e amici dei ragazzi massacrati da una vera e propria strage di Stato. In altra maniera non si può chiamare questa carneficina.

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