Dopo uno scandalo, un fallimento, ci vuole una rivoluzione. Nel calcio italiano, invece, e nel suo mondo arbitrale, tutto cambia perché non cambi nulla. Dopo l’arresto del procuratore capo, Rosario D’Onofrio, che ha costretto alle dimissioni l’ex presidente Alfredo Trentalange, l’Associazione Italiana Arbitri è rimasta per mesi senza una guida. Ora tornerà presto alle urne per eleggere i nuovi vertici, in continuità con i vecchi: il n.1, da candidato unico benedetto anche dalla Figc, sarà l’ex fischietto Carlo Pacifici. Il suo vice Alberto Zaroli, dirigente di lungo corso, già componente del Comitato nazionale coinvolto nello scandalo dei presunti referti truccati per promuovere e retrocedere gli arbitri.

Chi si aspettava un segnale forte rispetto al recente passato, rischia di rimanere deluso. Non sarebbe la prima volta. Nel 2021 l’Aia aveva archiviato l’era di Marcello Nicchi, un decennio cupo di scarsa trasparenza e nessuna democrazia interna. L’elezione di Trentalange era stata accolta come una luce di speranza ma ha tradito le aspettative: le aperture ci sono state ma troppo timide, l’ex arbitro ha finito suo malgrado per essere stritolato dalle solite dinamiche, come dimostrano i tanti inciampi del suo breve mandato. Anche se per affondarlo c’è voluto il caso più unico che raro dell’arresto del procuratore D’Onofrio, arrestato per traffico di droga e su cui la procura della FederCalcio ha aperto anche un’indagine a carico dell’ex presidente: le accuse disciplinari sono risibili, ma la responsabilità politica è inevitabile. Le dimissioni sono state obbligate.

L’Aia che esce dallo scandalo D’Onofrio è un’organizzazione a pezzi. Oggi la voce più autorevole, forse l’unica, è quella di Gianluca Rocchi, ex arbitro di alto livello e oggi designatore della Serie A, vicinissimo al presidente federale Gabriele Gravina e al suo braccio destro Viglione. La Figc lo avrebbe voluto alla presidenza, ma lui almeno per il momento ha preferito rimanere dove sta, incarico più retribuito e meno pericoloso. Così ha preso corpo l’ipotesi Pacifici: fischietto negli Anni Settanta-Ottanta, poi dirigente arbitrale, anche manager bancario (è vicepresidente di Unicredit), persona onesta e stimata, che rischia però di essere un Trentalange-bis. Servirà una leadership inaspettata per dare una sterzata all’Associazione.

Più probabile che la sua nomina, da candidato unico (fallito il tentativo di Domenico Messina, in quota Nicchi) assomigli piuttosto a quella di un traghettatore. Una scelta interna, un “auto-commissariamento” soft, per evitare l’intervento della Figc, a cui va bene accontentarsi di mantenere sotto controllo la situazione, in una fase politica delicata. Nessuna rivoluzione, però: la governance di Pacifici sarà quasi la stessa della precedente, con l’eccezione del vice. Duccio Baglioni, grande elettore e plenipotenziario sotto Trentalange, ha fatto un passo indietro. Al suo posto dovrebbe salire Zaroli, capobastone della Lombardia, che però è tutto fuorché una novità. Il suo nome, infatti, compare negli atti dell’inchiesta di un paio d’anni fa sui voti alterati per definire le graduatorie di merito dei fischietti, per favorire, secondo l’accusa, la conferma dei fischietti Robilotta e Abbattista, a scapito di Daniele Minelli e Niccolò Baroni. La denuncia di Minelli e Baroni, dismessi alla fine della stagione 2020/2021, aveva fatto emergere pesanti anomalie nel processo di valutazione interna degli arbitri, da cui dipende la formazione degli organici. Zaroli, in particolare, era uno dei componenti del Comitato nazionale che ai tempi di Nicchi concesse la deroga ad Abbattista, sulla base di un parere del responsabile Can B, Emidio Morganti, che però il diretto interessato ha negato di aver mai pronunciato. Quel Comitato – come messo nero su bianco dalla relazione d’indagine della Procura – aveva di fatto approvato un verbale “non veritiero”. Una brutta storia, finita con il reintegro di Minelli e Baroni e il contestuale ritiro della denuncia, che ha permesso di archiviare l’inchiesta. Altra polvere sotto al tappeto. Se il buongiorno si vede dal mattino, il nuovo corso dell’Aia rischia tanto di assomigliare a quello vecchio, e a quello precedente ancora.

Twitter: @lVendemiale

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