L’accurata ricostruzione effettuata dal Fatto Quotidiano e da altri autorizza l’ipotesi che possano esistere responsabilità del governo italiano in ordine a quanto avvenuto nei pressi di Crotone. La Guardia Costiera, infatti, è pienamente attrezzata per intervenire in circostanze del genere e istituita proprio per provvedere, fra l’altro, a compiti di salvataggio in mare, in esecuzione di un obbligo previsto dalla legge e dal diritto internazionale, nonché dell’elementare principio di umanità che obbliga a prestare soccorso a chi sta per annegare. Perché, dunque, la Guardia Costiera non è intervenuta?

E’ bene che l’inchiesta penale in corso affronti questo interrogativo e stabilisca se vi siano responsabilità politiche. Certo, l’alquanto scomposta reazione di questi ultimi induce a pensare male, molto male. Il premio per il peggiore in campo spetta in quest’occasione al ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, il quale si arrabatta a smentire aprioristicamente qualsiasi responsabilità intimidendo e minacciando chiunque osi affermare il contrario o anche solo sollevi dubbi e si spinge a incolpare i genitori che mettono a rischio i figli. Con che autorità morale questo alto burocrate ben pagato si spinga a giudicare persone che vivono in condizioni subumane è certamente impossibile capire. Ma, tra tante roboanti affermazioni, una sibillina frasetta dal sen sfuggita pare gettare una luce rivelatrice sull’intera faccenda. “Il messaggio è arrivato” ha detto testualmente Piantedosi. A chi doveva arrivare il messaggio? “A coloro che si mettono in mare affidandosi agli scafisti”, risponde lo stesso Piantedosi.

Sono del resto vari anni che i governi della sponda Nord del Mediterraneo, tra i quali quello italiano e i suoi predecessori e la stessa Unione europea, che si affannano a mandare, con la forza dei fatti, questo messaggio negando il diritto al soccorso e quindi alla vita a chi, spinto da impellenze inesorabili, si mette in mare nell’unico modo possibile per cercare di conquistare un futuro. Futuro impossibile da costruire in Paesi saccheggiati e devastati da una plurisecolare rapina da parte dei centri dell’economia mondiale, cui oggi si aggiungono le ulteriori piaghe del cambiamento climatico e della guerra, malepiante che i nostri Paesi si premurano di coltivare premurosamente.

Questa è la politica reale dell’Europa e dei suoi Stati membri e di fronte a questa triste realtà le parole di chi, come il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella o la stessa presidente del Consiglio incitano ad andare alle cause del problema assumono il carattere di un’insopportabile ipocrisia e di una tristissima beffa. La politica del respingimento e degli annegamenti costa cara, anche solo in termini banalmente economici. Gli unici che pare risultino comprensibili a certe persone. Risorse sperperate alimentando carrozzoni – io credo – dannosi come Frontex o sovvenzionando milizie assassine e governi liberticidi, che potrebbero essere investiti in accoglienza e cooperazione, ma quella vera e non quella immaginaria evocata solo come ridicolo alibi dei nostri governanti.

I Paesi dell’Europa sono i primi colpevoli di un sistema di morte che produce l’emigrazione come ultimo disperato tentativo di sfuggire a una vita d’inedia. Ma non vogliono assumersi le proprie responsabilità e quindi non solo continuano a fomentare il sottosviluppo, la miseria, la guerra in ampie regioni del mondo, ma non vogliono neanche vedere i risultati delle proprie azioni scriteriate guidate solo dal desiderio del profitto. Per questo i migranti annegano e negli ultimi otto anni sono venticinquemila le vittime che si registrano nel solo Mediterraneo.

Numeri così alti, episodi così ripetuti, continui e sistematici non possono solo essere frutto delle condizioni climatiche o del caso, ma sono il risultato deliberato di una politica criminale mirata a scoraggiare le partenze. Per questo già varie denunce per crimini contro l’umanità sono state presentate alla Corte penale internazionale. Fra queste la più recente è quella contro autorità italiane, di altri Paesi ed europee, in complicità con le milizie libiche.

Occorrerà andare a fondo anche di queste ultime tragiche morti capendo bene per quale motivo non siano state evitate. La posta in gioco è altissima. Non solo si tratta della vita di tantissime persone, che continuano a mettersi in mare nonostante rischi e minacce perché non hanno alternative, ma della stessa natura umana di noi membri delle società della sponda Nord del Mediterraneo. Natura umana che non siamo disposti a perdere mettendoci a rimorchio di politicanti che l’hanno persa da un pezzo e che mai la ritroveranno.

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