Da “disperato” non partirei “perché sono stato educato anche alla responsabilità di non chiedermi sempre io cosa devo aspettarmi dal luogo e dal Paese in cui vivo, ma anche quello che posso dare io al Paese in cui vivo per il riscatto dello stesso”. È un altro passaggio del discorso, criticato da più parti, fatto dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, all’indomani della strage nel mare di Crotone dove hanno perso la vita oltre 60 migranti e altre decine risultano ancora “disperse”. I naufraghi provenivano prevalentemente da Siria, Afghanistan, Iraq e Iran. Rispondendo alla domanda di un giornalista che gli chiede se da “disperato cercherebbe di raggiungere l’altra parte del mondo anche con queste condizioni del mare”, Piantedosi risponde negativamente, sottolineando, a chi gli fa notare che queste persone soffrono spesso fame e guerre, che, pur non riferendosi nello specifico a questo naufragio, “le nazionalità di maggior arrivo di queste persone non sempre si riferiscono a luoghi dove ci sono guerre e cose…”.

“Comunque rispetto a tragedie come questa – continua nel discorso – non credo che si possa sostenere che al primo posto venga il diritto e il dovere di partire, e di partire il questo modo”. Il ministro, quindi, parla dell’attività giudiziaria in corso, sottolineando che “la linea del governo resta la stessa”. “Siamo profondamente convinti che vadano scongiurate le partenze – aggiunge – e quando riusciremo ad affermare questo principio, vedrete che queste tragedie si limiteranno”.