Le mani del governo (e di Fratelli d’Italia) sulla Fondazione Arena di Verona. Tre giorni dopo il voto del nuovo consiglio di indirizzo che ha messo in minoranza il sindaco di centrosinistra, Damiano Tommasi, sulle modalità di individuazione del nuovo sovrintendente scende ora in campo il sottosegretario alla cultura Gianmarco Mazzi. È un personaggio importante per il mondo dello spettacolo: qualcuno lo ricorderà come direttore artistico, a più riprese, del Festival di Sanremo, mentre a Verona è stato il responsabile di Extra Lirica, la società controllata dalla Fondazione Arena che si occupa di spettacoli non lirici. All’Arena, il quotidiano di Verona, Mazzi ha dettato la linea decisa, evidentemente, con il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Allo stesso tempo, piuttosto paradossalmente, ha anche indicato quale comportamento avrebbe dovuto tenere Tommasi.

Sul piatto c’è la scelta del sovrintendente che deve succedere a Cecilia Gasdia, ex soprano e già capolista di Fratelli d’Italia alle comunali del 2018. Non venne eletta in consiglio comunale, ma ottenne dal sindaco Federico Sboarina (poi entrato in Fdi) la designazione, fatta propria dal ministro dem Dario Franceschini. In consiglio di indirizzo il 23 gennaio il sindaco Tommasi ha lanciato la proposta di un bando per la manifestazione d’interesse dei candidati, per poi effettuare una scelta del migliore, in base ai titoli professionali. Proposta sostenuta solo dal sindaco e dai due rappresentanti comunali, bocciata invece dai delegati di ministero, Regione Veneto, Camera di Commercio e Cattolica Assicurazioni-Gruppo Generali. La giustificazione? Sarebbero stati troppo pochi i 5 giorni previsti per la verifica.

In realtà si è già formata una maggioranza che sostiene la nomina per altri cinque anni di Cecilia Gasdia. Il primo sponsor è stato Giuseppe Riello, presidente della Camera di Commercio. Adesso l’intervista di Mazzi è la prova che la politica vuole mantenere il controllo di Fondazione Arena. Gasdia è il candidato governativo, o meglio di Fratelli d’Italia, in cerca di rivincite dopo essere stati sonoramente battuti alle elezioni comunali del giugno 2022. “Tommasi è un uomo di sport e sa che nello sport contano i risultati. Allora viste le ottime performance del sovrintendente Gasdia perché cambiare? Io da veronese sarei per una soluzione conservativa”. Più che un assist è l’indicazione di una decisione già presa. Al punto che Mazzi si allarga affermando che “i soci privati Cattolica e Camera di Commercio evidentemente hanno dato un giudizio positivo del lavoro della sovrintendenza”.

Entrando con un tackle piuttosto ruvido sullo stinco del sindaco che fu un calciatore di Serie A, il sottosegretario compie anche una inequivocabile invasione di campo. Alla domanda del giornalista su che cosa avrebbe dovuto fare Tommasi, anziché proporre la ricerca di candidati alternativi, Mazzi risponde: “Ci saremmo dovuti sedere a un tavolo e lui avrebbe dovuto dire a Gasdia: capisco che tu dovrai essere rinnovata. Io non sono tanto d’accordo, ma permettimi di individuare un direttore generale perché voglio esercitare un giusto controllo su questa Fondazione. Perché i lavoratori mi dicono che ci sono criticità e problemi. Quindi sarei andato a un consiglio di indirizzo dove all’unanimità veniva nominato il sovrintendente”. Il sindaco, insomma, avrebbe dovuto accontentarsi del direttore generale.

È l’esatto contrario di quello che ha fatto Tommasi. Probabilmente il sindaco contava sull’appoggio del megasponsor Cattolica o per lo meno di una sua neutralità nel momento cruciale. Aveva anche avuto assicurazioni dal ministro Sangiuliano (così assicurano dallo staff municipale), secondo cui il sindaco avrebbe scelto il sovrintendente, mentre a dirigere Extra Lirica sarebbe andata una persona di fiducia di Mazzi. Poi le carte sono state rimescolate. Quando Tommasi ha proposto la manifestazione d’interesse si è trovato di fronte a un muro e ha dovuto prendere atto della bocciatura. Il giudizio che della gestione Gasdia viene dato negli ambienti del centrosinistra veronese non è così entusiasta come quello espresso da Mazzi. L’Arena ha vissuto anni tribolati. La dirigenza è in guerra continua con il personale, testimoniata da circa 150 cause di lavoro e dalle lamentele per il mancato rispetto delle graduatorie in molte assunzioni. C’è stata poi un’inchiesta penale per illeciti nella gestione degli appalti, che non ha nemmeno sfiorato Gasdia, ma ha dimostrato come sia reale il rischio di infiltrazioni da parte di imprese in odore di criminalità organizzata nella più grande struttura culturale veronese. C’è stato anche il clamoroso flop di Placido Domingo ad agosto, che ha dovuto chiedere scusa per un’esibizione imbarazzante. Sullo sfondo, poi, la gestione delle selezioni dei cantanti e l’utilizzo di una agenzia specializzata finita sotto inchiesta a Torino.

Mazzi ha elogiato il fatto che sotto la gestione Gasdia siano stati ripianati i debiti, al punto che l’ex ministro Franceschini ha riconosciuto alla Fondazione Arena un bonus di due milioni e mezzo di euro. Dal palazzo municipale replicano che quel risanamento ha radici ben più profonde e comunque precedenti all’arrivo del soprano ai vertici dell’Arena.

Ci sono solo pochi giorni prima della decisione che verrà presa dal consiglio di indirizzo (in programma il 2 marzo). La posta in gioco è alta, al di là del nome del sovrintendente, perché l’Arena celebra nel 2023 i 100 anni della propria attività lirica. “Noi abbiamo timore di percorsi avventurosi di cui non vediamo solidità” ha concluso Mazzi, utilizzando il plurale che allude a una concertazione governativa. Parole che sembrano affossare l’invocazione del sindaco Tommasi che continua a chiedere “una scelta condivisa”.

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