Esistono due modalità per parlare dei conti del Paris Saint Germain: riproponendo per l’ennesima volta il tema di come le pratiche di sportwashing e soft power attuate dai paesi del Golfo Persico, nella fattispecie il Qatar, abbiano creato un leviatano che si è comprato l’accesso alla nobiltà calcistica; oppure lasciando spazio ai numeri, asettici ma efficaci nel descrivere un corpo sempre più alieno a quei concetti di fair play e rispetto che la Uefa propina, sulla carta, in tutte le salse. Il PSG ha recentemente frantumato un record nella storia del calcio: il monte stipendi più alto di sempre. Nessun club era mai arrivato a pagare, in una sola stagione, 728 milioni di euro in costo del personale. Si tratta di 209 milioni in più del Real Madrid, 310 in più del Manchester City e 404 in più del Manchester United. Eppure il primo è campione d’Europa, il secondo milita nel campionato più ricco del mondo, il terzo rappresenta il maggiore punto di riferimento nel rapporto tra successi internazionali e sostenibilità economica.

Il problema non è la ricchezza di per sé, che ha sempre rappresentato un fattore importante nel calcio, ma lo squilibrio nei conti. In tre anni il PSG ha totalizzato un passivo di 717 milioni di euro, ripartito in 124 nella stagione 2019/2020, 224 nella stagione 2020/2021 e 369 nella stagione 2021/2022. I francesi condividono con il Bayern Monaco, loro attuale avversario agli ottavi di Champions, lo stesso fatturato, ovvero 654 milioni di euro, come analizzato in un recente articolo sul rapporto Deloitte relativo ai guadagni delle big. Ma la differenza è che i bavaresi hanno presentato cifre positive in tutti i bilanci dell’ultimo triennio, reggendo bene anche all’urto della pandemia. Il PSG ha invece continuato a incrementare le proprie spese a un ritmo ben maggiore di quello, già alto, di aumento delle proprie entrate.

Già il trend ascendente del fatturato rappresenta un dato anomalo. Il PSG è un club che milita nel quinto campionato europeo dal valore economico più alto, quindi al di sotto anche della declinante Serie A. Non potendo quindi competere sotto il profilo dei diritti tv, il 60% del suo fatturato deriva dalle entrate commerciali, ovvero le sponsorizzazioni. Nella stagione 2021/22 i parigini hanno battuto un altro record storico, avendo incassato 383 milioni di euro dalle entrate commerciali. Nessuno top club ha mai toccato questa cifra, e la crescita risulta ancora più imponente se si considera che nel 2011, al momento dell’acquisizione del club da parte della proprietà qatariota, questa cifra ammontava a 18 milioni. Si tratta quindi di un valore incrementato 21 volte nell’arco di un decennio, il tutto nonostante nel frattempo la squadra non sia mai riuscita a vincere la Champions League. Le ipotesi sono due: o il direttore commerciale del PSG è un genio assoluto, essendo riuscito a creare il portafoglio di sponsorizzazioni più munifico al mondo per un club capace di vincere solo la Ligue 1 (e nemmeno sempre, si veda il Montpellier campione nel 2012, il Monaco nel 2017 e il Lille nel 2021); oppure ha ragione il presidente della Liga Javier Tebas quando accusa i parigini di gonfiare le entrate provenienti dagli sponsor, forti di un network (Qatar, Qatar Airways, Aspetar, Bein Sports) tutto fatto in casa.

Del resto, i dati contabili non sono qualcosa che il PSG ama rendere pubblici molto volentieri, e soprattutto non lo fa in maniera solerte. A oggi non è ancora disponibile il bilancio di gestione della stagione 2021/22, anche se comunque i numeri sono trapelati attraverso la società Football Benchmark, che attraverso un report annuale analizza i dati dei club campioni nazionali. Da questi si è arrivati alla poco sorprendente spiegazione dell’emorragia nel bilancio del PSG, causata dall’esplosione dei costi degli stipendi, più che raddoppiati negli ultimi cinque anni (da 332 milioni ai citati 728). Nel 2020, quando il PSG giocò la finale di Champions contro il Bayern Monaco, pagava 91 milioni di euro in più in salari rispetto ai tedeschi. Oggi, come detto, tale delta si è allargato a 404 milioni. Questo incremento ha portato al 109% l’incidenza del costo del personale sul budget; ciò significa che per ogni euro incassato, 1 euro e 9 centesimi sono destinati al pagamento degli stipendi. Secondo i parametri Uefa questa incidenza non dovrebbe superare il 70%: alcune big non la rispettano di poco (Real Madrid e Barcellona, 73%), altre si trovano al di sotto (Manchester United 66%, Manchester City 63% e il solito Bayern, 53%). Eppure queste cifre mostruose non hanno impedito alla dirigenza parigina di rinnovare al rialzo il contratto di Mbappè, né di trattare Ziyech l’ultimo giorno del mercato invernale, per un trasferimento saltato solo a causa del Chelsea che ha cincischiato. Trattative e operazioni come se nulla fosse.

Numeri simili ovviamente non possono permettere il rispetto dei parametri del Fair Play finanziario, ma finora al PSG è stata comminata una sanzione pari a 10 milioni di euro, cifra ridicola se comparata a quelle macinate dal club del Qatar. Risulta inoltre in stand-by una sanzione condizionale di 55 milioni, che verrà applicata qualora il PSG non rispettasse il piano di pareggio dei conti concordato con la Uefa. Solo successivamente scatterebbero sanzioni più pesanti quali il divieto di fare mercato in determinate sessioni o l’esclusione dalle coppe. La Uefa ha inoltre rivisto il proprio sistema finanziario per le prossime stagioni, ma lo ha fatto in maniera confusa, da un lato rendendo più morbida la regola sul pareggio finanziario, dall’altro introducendo un tetto massimo di spesa per giocatori e allenatore, calcolato sul fatturato del club. Un limite pari al 90% delle entrate nella stagione 2023/24, all’80% nella stagione 2024/25 e al 70% nella stagione 2025/2026. Considerato quanto spende attualmente il PSG tra stipendi e ammortamenti, la prossima stagione dovrebbe presentare ricavi tra gli 800 e i 900 milioni per restare sotto il tetto del 90%, incrementandoli a 1.1 miliardo quando questo limite si abbasserà al 70%. Considerando che a oggi il record assoluto di fatturato è stato stabilito dal Barcellona nel 2018/2019 con 841 milioni di euro, i parigini dovrebbero crescere di circa 150-200 milioni l’anno per soddisfare i requisiti. Un risultato impossibile da raggiungere, quanto meno in apparenza. Eppure, c’è da scommettere, nei prossimi anni il PSG sarà regolarmente iscritto alla Champions League. I fuoriclasse non gli mancano: non i giocatori in campo, ma i creativi della contabilità, i grandi direttori commerciali e i lobbisti.

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