Dall’età al genere, dalle occasioni di convivialità fino alle attività con i bambini, i fattori che possono influenzare la mortalità e l’aspettativa di vita degli anziani sono legati a diversi aspetti della quotidianità e della socialità di ogni individuo. A elencare quelli più rilevanti un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, condotto dagli scienziati del Massachusetts General Hospital, della Harvard Medical School e dell’Università della California a San Francisco. Il gruppo di ricerca, guidato da Sachin Shah ha infatti sviluppato e convalidato un nuovo modello, chiamato Social Frailty Index, che utilizza una complessa matrice di fattori per stimare il rischio di mortalità a quattro anni degli adulti di età pari o superiore a 65 anni. Comprendere le cause e le motivazioni che possono influenzare il pericolo di decesso per le persone anziane è di primaria importanza per delineare strategie di intervento mirate ed efficaci.

In Europa, il monitoraggio dell’andamento della mortalità degli over 65 è affidato al network di sorveglianza EuroMOMO, che pubblica settimanalmente un bollettino sulla mortalità in 19 paesi. Ogni settimana, vengono infatti riportati i decessi medi giornalieri complessivi per fasce d’età in ogni nazione considerata. Questo strumento è essenziale per valutare in tempo reale il numero di decessi giornalieri nella popolazione, tenere traccia dei picchi anomali in modo da attivare interventi di risposta all’emergenza ed effettuare una valutazione tempestiva dell’impatto sanitario di eventi meteorologici estremi e altri fattori di rischio, come ondate di calore, periodi di siccità, epidemie virali o inquinamento atmosferico.

Il Social Frailty Index, sviluppato dal gruppo di ricerca, è stato realizzato a partire da 183 possibili predittori della mortalità. Da questi, gli scienziati hanno individuato dieci fattori demografici e sociali particolarmente rilevanti, che comprendevano l’età, il genere, la pulizia del quartiere di residenza, la percezione del controllo sulla propria situazione finanziaria, la frequenza degli svaghi sociali, le attività che coinvolgevano bambini, l’impegno nel volontariato, lo svolgimento di un lavoro non retribuito, la sensazione di solitudine e il rispetto con cui venivano trattati. Per individuare le cause più incisive, il team ha analizzato i dati relativi a 8.250 adulti statunitensi, partecipanti all’Health and Retirement Study. Entro i quattro anni dall’intervista iniziale, il 22 per cento dei soggetti era deceduto. I ricercatori hanno quindi cercato di stratificare i predittori di rischio in modo da ottenere un modello efficace in grado di stimare il rischio di mortalità. Il Social Frailty Index è stato quindi testato in una coorte di validazione, dimostrando una notevole attendibilità. La mortalità prevista e quella osservata nella seconda fase del lavoro, commentano gli scienziati, erano infatti fortemente correlate.

Questo nuovo indice, sostengono gli autori, potrebbe avere numerose applicazioni in ambito di ricerca, clinica e salute della popolazione. “Sebbene sia noto da tempo che la mortalità può essere influenzata da fattori sociali – scrivono gli autori – i modelli di previsione del tasso di decesso utilizzati finora nei contesti clinici e di ricerca si basavano quasi esclusivamente sui dati demografici e medici della popolazione”. “Il nostro obiettivo – si legge nel paper – era quello di ottenere una misura sintetica di quanto la socialità possa incidere nell’aspettativa di vita. Abbiamo ottenuto un indice in grado di quantificare il rischio di mortalità in modo più accurato rispetto ai modelli comunemente utilizzati”.

Lo studio: https://www.pnas.org/doi/full/10.1073/pnas.2209414120

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