Un anno fa, il 1° febbraio 2022, Amnesty International lanciò una campagna per porre fine al sistema di apartheid di Israele contro i palestinesi, accompagnata da un rapporto nel quale denunciava come Israele stesse attuando un sistema istituzionalizzato di oppressione e dominazione nei confronti dei palestinesi, ovunque avesse controllo sui loro diritti.

Il rapporto dimostrava come leggi e politiche israeliane venissero applicate col prevalente obiettivo di mantenere una maggioranza demografica ebraica e massimizzare il controllo sulla terra e sulle risorse a beneficio degli ebrei israeliani e a danno dei palestinesi.

C’è un crescente riconoscimento internazionale riguardo al fatto che Israele stia commettendo il crimine di apartheid.

La spinta verso questo riconoscimento ha acquistato velocità nel 2022, quando due relatori speciali delle Nazioni Unite hanno dichiarato che le autorità israeliane si stanno rendendo responsabili dell’apartheid.

Il numero degli Stati che, all’interno del Consiglio Onu dei diritti umani, fanno riferimento all’apartheid israeliano è raddoppiato da nove nel 2021 a 18 nel 2022. È significativo il fatto che, tra questi, vi siano anche Sudafrica e Namibia.

Nel frattempo chiunque osi chiamare l’apartheid col suo nome può aspettarsi di diventare bersaglio di una delle campagne diffamatorie israeliane: senza contrapporre alcun valido argomento alle crescenti denunce, le autorità israeliane e i loro sostenitori, in convegni pubblici e a mezzo stampa, dedicano enormi energie a denigrare chi le critica.

Le conseguenze sono particolarmente gravi per i difensori dei diritti umani palestinesi: nell’agosto 2022 le autorità israeliane, dopo averle etichettate come “entità terroriste” e dichiarate fuorilegge, hanno effettuato raid negli uffici di sette importanti organizzazioni palestinesi per i diritti umani. A dicembre Salah Hammouri, ricercatore dell’organizzazione per i diritti dei prigionieri “Addameer”, è stato privato della residenza a Gerusalemme ed espulso verso la Francia dopo aver trascorso nove mesi in detenzione amministrativa.

Non è passato praticamente giorno, nel 2022, senza che emergessero nuove prove sul sistema di apartheid. Da quando è stato pubblicato il rapporto di Amnesty International, le forze di sicurezza israeliane hanno ucciso quasi 220 palestinesi, 35 solo nello scorso mese di gennaio: un mese in cui è stato sparso il sangue anche di civili israeliani.

Lo scorso anno le autorità israeliane hanno continuato a espellere i palestinesi dalle loro case e dalle loro terre, demolendo quasi 1000 loro proprietà. A maggio la Corte suprema ha dato via libera al trasferimento forzato di oltre 1150 palestinesi da Masafar Yatta mentre è andato avanti il piano di demolizione del villaggio non riconosciuto di Ras Jrabah nella regione del Negev/Naqab, col previsto sgombero di 500 abitanti beduini palestinesi. Nel gennaio di quest’anno il villaggio beduino di al-Araqib è stato demolito per la 212esima volta.

Il nuovo governo del primo ministro Benjamin Netanyahu si è impegnato a espandere massicciamente gli insediamenti illegali nei Territori palestinesi occupati, col rischio che innumerevoli altri palestinesi vengano sgomberati con la forza.

A maggio, in occasione dell’Esame periodico universale, il Consiglio Onu dei diritti umani prenderà in esame la situazione dei diritti umani di Israele. Il governo non ha ancora inviato la sua relazione al meccanismo di revisione.

Le autorità israeliane hanno ignorato buona parte delle raccomandazioni emerse in occasione, nel 2018, del precedente Esame periodico universale. Queste raccomandazioni comprendevano la fine della discriminazione nei confronti dei palestinesi, l’abolizione delle limitazioni di movimento, la cessazione del ricorso alla detenzione amministrativa e l’assicurazione che i responsabili dell’uso illegale della forza sarebbero stati chiamati a rispondere del loro operato.

Raccomandazioni ampiamente ignorate: ad esempio, nonostante la richiesta di porvi fine, Israele tiene in detenzione amministrativa, senza accusa né processo, oltre 860 palestinesi: il numero più alto degli ultimi 15 anni.

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