Nel 2015 era stato arrestato e nel dicembre del 2021 il Tribunale di Brescia era stato condannato. In appello però Marino Andolina, il pediatra triestino imputato con l’accusa di aver proposto terapie a base di estratti di staminali è stato assolto due giorni fa dalla Corte d’appello di Brescia nel processo “Stamina 2”. “Non sono felice. E non c’entrano le accuse ingiuste, le menzogne nei miei confronti o l’essere stato trattato come un criminale. Ho vinto a livello processuale eppure mi sento uno sconfitto perché penso a tutti i morti, ai bambini che non ci sono più, ai malati di Sla che non abbiamo potuto aiutare con una terapia che aveva dimostrato di funzionare. Ma ci hanno fermato” la dichiarazione al quotidiano Il Piccolo. “La vittoria processuale conta, ma dentro mi sento un uomo sconfitto”, prosegue, “non posso non pensare che dietro di me ho lasciato un bel po’ di persone che non abbiamo potuto salvare, bambini morti o gravemente danneggiati”.

Andolina, che ha oggi 76 anni e che sostiene di essersi iniettato le cellule prima di somministrarle ai pazienti, sottolinea che l’uso delle staminali nelle terapie è vietato da una direttiva europea che le equipara ai medicinali “mettendo tutto nelle mani delle multinazionali. Contro la lobby farmaceutica è impossibile vincere e magari un domani le cure con le staminali ci saranno, ma temo solo per i ricchi”. Il metodo Stamina era stato centro di un caso arrivato anche oltre i confini nazionali, ma dopo una serie di polemiche il ministero della Salute – che aveva avviato una sperimentazione – aveva annunciato l’impossibilità di proseguirne dopo i pareri del Comitato scientifico e dell’avvocatura di Stato nell’ottobre del 2013.

Il tribunale di Brescia, il 21 dicembre 2021, in primo grado aveva condannato sei persone con l’accusa di aver somministrato illecitamente, a malati affetti da patologie neuro degenerative, medicinali imperfetti e pericolosi per la salute pubblica. Tra i condannati c’era anche Andolina a cui era stata inflitta una pena a due anni e due mesi. Secondo le indagini le terapie erano state spacciate per innovative con cellule staminali e fondate sull’utilizzo degli esosomi, ma che gli inquirenti hanno ritenuto “prive in realtà di qualunque garanzia di efficacia, sicurezza e qualità, e somministrate in assenza dei prescritti requisiti e delle autorizzazioni”.

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