Il successo di un esperimento scientifico condotto sulle Alpi nell’estate del 2021 farebbe impazzire di gioia il sedicente generale Robert Dyrenforth se fosse ancora vivo: sparare verso il cielo funziona! E, prima di lui, uno dei padri della meteorologia moderna, James Pollard Espy, battezzato the Storm King dai contemporanei. L’uomo può controllare il tempo meteorologico con una base scientifica o, per lo meno, può iniziare davvero a sperare di farlo? L’esperimento alpino apre nuove strade.

Centotrentadue anni fa, il “generale” convinse il Congresso a finanziare una originale spedizione scientifica in Texas. Con una bella provvista di polvere da sparo ed esplosivi ad alto potenziale, Dyrenforth poté armare fucili e cannoni puntati contro il cielo per innescare la pioggia. Invano. E, alla metà del secolo XIX, il Re delle Tempeste aveva teorizzato la possibilità di influire sulle meteore diffondendovi una grande quantità di pulviscolo, nella fattispecie, il particolato emesso in atmosfera da un immenso incendio doloso. Non era il parto di un terrapiattista un po’ alticcio: Espy aveva sviluppato una propria, avanzata, innovativa teoria sulla fisica dei temporali, pubblicata nel volume The Philosophy of Storms (Boston: Little & Brown, 1840) e acclamata dal mondo scientifico. E, con buona pace delle foreste appalachiane, avrebbe anche potuto funzionare.

Un laser che scaglia rapidamente i suoi raggi verso le nuvole può deviare i fulmini. Un gruppo di scienziati europei lo ha dimostrato, per la prima volta, sulla base di esperimenti nel mondo reale, non di teorie più o meno bislacche. Il progetto Laser Lightning Rod ha condotto una serie di esperimenti con un laser ad alta potenza da due milioni di euro, posizionato sulle Alpi svizzere accanto alla torre delle telecomunicazioni Säntis, spesso colpita da fulmini. Hanno assodato che, se il raggio laser è abbastanza intenso, esso funziona come un filamento conduttore, poiché crea un percorso elettricamente conduttivo attraverso il quale i fulmini possono viaggiare verso il basso; proprio come il filo metallico di un tradizionale parafulmine (vedi Figura 1).

I ricercatori pensano che il raggio laser modifichi localmente le proprietà dell’aria, concentrandosi in guisa di un filamento sottile e intenso. Questo riscalda rapidamente l’aria, riducendone la densità e creando un percorso favorevole per i fulmini. Durante la filamentazione, una piccola frazione degli elettroni liberi creati dalla ionizzazione viene catturata da molecole di ossigeno neutre e, a velocità di ripetizione laser elevate, queste molecole di ossigeno cariche si accumulano, conservando una “memoria” del loro percorso. In definitiva, è un po’ come praticare un foro nell’aria mediante il laser.

Le scariche dei fulmini che s’innescano tra le nuvole cariche e la superficie terrestre causano ingenti danni e molte vittime. Nel mondo, si osservano tra 40 e 120 fulmini al secondo. E, ogni anno, si contano più di 4mila vittime e danni per miliardi di dollari. Circa un milione all’anno sono i fulmini che si abbattono sull’Italia, con una crescita costante legata alla crescente frequenza dei nubifragi. E circa 20 sono le vittime ogni anno, in calo grazie a una crescente consapevolezza del pericolo. Non mancano episodi minori, ma fastidiosi: domenica 25 settembre 2022, i passeggeri di un volo da Milano a Napoli hanno vissuto momenti di tensione dopo che l’areo era stato colpito da un fulmine; per fortuna, al pilota del velivolo era poi riuscito un provvidenziale atterraggio di emergenza a Bari.

Sparare verso il cielo per alterare l’assetto meteorologico si può quindi fare. Meglio il laser dei fucili e dei cannoni. È una aspirazione antica, come si legge nella Vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini, scritta per lui medesimo, in Firenze. Nel secondo volume, l’impetuoso e collerico orafo fiorentino racconta di aver “acconciato parecchi pezzi di artiglieria grossi, invero quella parte dove i nugoli erano più ristretti. Ed essendo di già cominciata a piovere un’acqua grossissima, ed io cominciato a sparare queste artiglierie, si fermò la pioggia. E alle quattro volte si mostrò il sole”. Cellini aveva contributo in modo decisivo a “salvare più di mille scudi di danno” in occasione solenne entrata in Roma di Margarita d’Austria, duchessa di Firenze. Era il 3 novembre 1538, quando la promessa sposa del quindicenne nipote del Papa fece un trionfale ingresso in città, vestita di nero. E le superstizioni dei Goti non erano campate per aria (vedi Figura 2).

Il risultato dell’esperimento alpino è davvero impressionante. Frutto di molti anni di lavoro, dopo vari insuccessi. La sua utilità pratica è tutta da valutare, ma non si può escludere che i laser potrebbero essere usati come parafulmini per proteggere le infrastrutture più esposte al pericolo delle fulminazioni. Forse non domani, perché manca ancora un piano di sviluppo tecnico, il costo energetico potrebbe rivelarsi proibitivo, l’impatto sul vicinato e gli effetti di retroazioni sono tutti da esplorare. Dopodomani chissà?

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