Una trentina di operai del distretto tessile dell’area di Firenze e Prato, dove vengono prodotti i capi di noti brand del “made in Italy”, hanno denunciato sfruttamento, lavoro nero e orari insostenibili. Anche più di 12 ore di lavoro per 7 giorni a settimana, hanno spiegato in un presidio giovedì 26 gennaio fuori dalla fiera Pitti filati di Firenze. “Le condizioni di lavoro denunciate dalle maestranze che lavorano nelle lunghe filiere di appalti e subappalti stridono con i tanto declamati ‘codici etici’ e le garanzie che queste grandi aziende danno sul controllo delle proprie filiere”, dichiara Francesca Ciuffi del SiCobas, sigla sindacale di base che in passato ha già portato alla luce vertenze di sfruttamento nel distretto di Prato. Le due fabbriche dove i lavoratori denuncerebbero di lavorare fuori dalle regole del contratto nazionale sarebbero Ritorcitura Duemila e Gh, dove sono in corso agitazioni sindacali. Dal canto loro le aziende non entrano nel merito ma si limitano a negare che avvengano irregolarità all’interno delle loro fabbriche. “Ci stupisce come Filpucci, Industria Italiana Filati, Pinori Filati, Millefili e Lanificio dell’olivo, principali committenti di queste fabbriche, si facciano bastare assicurazioni ‘sulla fiducia’ – spiegano dal SiCobas – senza portare avanti verifiche approfondite sulla qualità della filiera e sul rispetto del diritto del lavoro nelle fabbriche a cui commissionano i loro capi”.
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