Moda e Stile

L’Inferno di Schiaparelli, tra belve e illusioni di realtà. Dalla lupa Naomi al leone Irina, sfilano le fiere dantesche e scoppia la polemica. Ecco il significato

Ecco quindi che, a partire proprio dalle tre discusse fiere, in questa sfilata ritroviamo, da una parte, tutta la teatralità della creazione dantesca e dall'altra la metafora della crisi, dell’inesplorato, del dubbio interiore concretizzata in abiti dove sono labili i confini tra reale e irreale. Il messaggio della Maison è chiaro e coerente: nulla è come sembra

di Ilaria Mauri

I luminosi saloni neoclassici del Petit Palais sono quanto di più distante dalla “selva oscura” di Dante ma è proprio questo contrasto ad amplificare l’effetto straniante e la suggestione. Soprattutto quando in passerella arrivano con passo felino le tre fiere, la lonza il leone e la lupa, con le fauci spalancate e lo sguardo che punta dritto verso gli ospiti. Tutti i presenti trattengono per un attimo il fiato alla loro vista, sussultando come deve aver fatto Dante. Il realismo di queste teste animali appoggiate con nonchalance su tubini di velluto nero è impressionante e infatti non tarderanno ad arrivare le polemiche. Tra meraviglia, stupore e così che Schiaparelli ha aperto lunedì 23 gennaio la settimana dell’Alta Moda di Parigi: Daniel Rosberry, il direttore creativo della maison fondata nel 1932 da Elsa Schiaparelli e rilanciata nel 2012 da Diego Della Valle, si è fatto ispirare dall’Inferno dantesco e ha ricreato nei suoi abiti le impressioni di quei mitologici luoghi letterari. Lui, texano cresciuto a Manhattan, si è lasciato catturare dall’universo narrativo della Divina Commedia e lo ha introiettato a la guisa dei suerrealisti di cui Elsa Schiaparelli fu musa ed esponente. Ecco quindi che, a partire proprio dalle tre discusse fiere, in questa sfilata ritroviamo, da una parte, tutta la teatralità della creazione dantesca e dall’altra la metafora della crisi, dell’inesplorato, del dubbio interiore concretizzata in abiti dove sono labili i confini tra reale e irreale. Il messaggio della Maison è chiaro e coerente: nulla è come sembra.

A partire proprio dalle tre fiere, il simbolo più emblematico del I canto dell’Inferno di Dante: la lonza, la lupa e il leone spuntano all’improvviso nella selva oscura e ostacolano il viaggio del poeta. Questi animali – già presenti anche nella Bibbia – altro non sono che la simbologia con cui nel Medioevo venivano identificati i tre peccati capitali per eccellenza: la lonza, un felino simile al leopardo o alla pantera, era la lussuria, il leone la superbia e la lupa la cupidigia. Ecco quindi che in passerella troviamo tre belve d’eccezione: Naomi Campbell, Irina Shayk e Shalom Harlow. Per Naomi-lupa, un cappotto in pelo nero con una testa in 3D dagli occhi infuocati posata sulla spalla; per Irina-leone, un vestito lungo in velluto con criniera; e per Shalom-lonza, un tubino animalier con le fauci di un raro leopardo delle nevi spalancate. “Ciò che mi attraeva dell’Inferno non era solo la teatralità della creazione dantesca, ma piuttosto la perfetta metafora che forniva del tormento, che ogni creativo prova quando si siede davanti allo schermo, al blocco da disegno o alla forma del vestito, quel momento in cui siamo scossi da ciò che non conosciamo”, ha spiegato lo stilista presentando la collezione. “Quando sono in crisi, spesso mi consolo pensando a Elsa Schiaparelli: i codici che ha creato, i rischi che ha corso, ormai sono storia e leggenda, eppure anche lei doveva essere incerta, persino spaventata, mentre li ideava. La sua paura ha alimentato il suo coraggio, che sembra un controsenso ma è fondamentale per il processo artistico. La preoccupazione significa che vi state spingendo a fare qualcosa di sconvolgente, qualcosa di nuovo”.

Anche tutti gli altri capi della collezione sono il frutto della fascinazione dell’Inferno dantesco sulla mente del direttore creativo di Schiaparelli: i corsetti sono delle vere sculture fatte ora di specchi, ora di lastre di lamiera rivestite in cuoio, la gonna ultra lavorata non è decorata in tessuto ma rivestita da perline in legno. Il luccichio iridescente degli abiti in velluto a colonna, in realtà è dipinto a mano con un pigmento che cambia colore a seconda della prospettiva, come le ali di una farfalla. Le silhouettes sono scolpite e ben definite da un punto vita sottilissimo sovrastato da spalle larghe e imponenti. Ritroviamo il bianco, il nero e l’oro, i colori simbolo della Maison, ma sono inevitabilmente gli abiti felini a catalizzare e cannibalizzare tutta l’attenzione. La casa di moda è celebre per la maestria dei suoi artigiani che realizzano il senso di meraviglia di abiti onirici (basti pensare alle precedenti collezioni con dettagli anatomici, bouquet di fiori iperreali e uccellini) ma questa volta si è superata. Le teste delle fiere sono dei peluche fatti di “schiuma scolpita a mano, resina, pelliccia di lana e seta, dipinta a mano per sembrare il più possibile reale”. Un fascino favoloso che apre il dibattito su un terreno quantomai scivoloso: è possibile veicolare un messaggio univoco attraverso gli abiti volutamente spettacolari di una sfilata? Il brand ha subito specificato che “niente è come sembra nell’Inferno Couture di Schiaparelli. Nessun animale è stato maltrattato”. Eppure, sono bastate le immagini per sollevare un polverone sul web.

Le foto degli abiti animali – indossati non solo dalle top model in passerella ma anche nel parterre dall’influencer Kylie Jenner – sono diventate subito virali, complici anche gli scatti dei tanti vip presenti alla sfilata, Chiara Ferragni in primis: “La testa di leone è finta ragazzi“, ha subito chiarito l’imprenditrice digitale (in mini abito e calze a pois, ndr) ai suoi followers che le chiedevano spiegazioni dopo il selfie con la “leonessa” del clan Kardashian. Ma la precisazione è servita a poco. Gli animalisti, infatti, hanno subito bollato le creazioni come un incentivo alla caccia di animali rari e in via di estinzione, insinuando finanche che non fossero realmente faux fur. Paradossalmente, proprio tutte queste polemiche sono la conferma non solo della profonda attualità del messaggio dantesco su quanto quanto la nostra stessa vita possa ingannarci quando l’immaginazione prende il sopravvento sulla realtà. Ma anche di come Rosberry abbia fatto ancora una volta perfettamente centro, riproponendo, in chiave moderna, lo stesso gesto dei surrealisti e suggellando l’identità propria della Maison. Così come con Elsa Schiaparelli, anche con la sua moda, non si è mai sicuri del pezzo che si sta guardando. È la natura? O si tratta dell’opera di un uomo? Perché se Dante insegna quanto la vita possa ingannarci, soprattutto quella che pensiamo di conoscere, allora questi abiti fanno eco a quell’illusionismo, ricordandoci la necessità di ritrovarci di tanto in tanto in un luogo in cui siamo costretti a riconsiderare le nostre convinzioni.

L’Inferno di Schiaparelli, tra belve e illusioni di realtà. Dalla lupa Naomi al leone Irina, sfilano le fiere dantesche e scoppia la polemica. Ecco il significato
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