Inutile girarci attorno, la bastonata sugli automobilisti arriva dall’Erario. Checché se ne dica il governo il maxi rincaro di benzina e gasolio dipende esclusivamente o quasi dall’eliminazione del taglio sulle accise deciso dall’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. E basta fare due conti per rendersene conto. Dopo giorni di silenzio mentre i listini salivano in alcuni casi fino ai 2,5 euro al litro, dal governo hanno però iniziato a indicare il lampione al posto della luna.

Martedì a palazzo Chigi la presidente del Consiglio e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti incontreranno il Comandante generale della Guardia di Finanza, Giuseppe Zafarana, “per fare il punto e valutare ogni possibile ulteriore azione di contrasto alle speculazioni in atto sui prezzi dei carburanti”, fa sapere il governo. “Gli aumenti sono ingiustificati, miglioreremo i controlli”, dice al Corriere della Sera Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy. “Come governo c’è martedì un consiglio dei ministri e ragioneremo se, fra guerra, caro materiali e caro materie prime, sia il caso di intervenire e ci siano denari per intervenire”, rilancia da Brescia il ministro dei Trasporti Matteo Salvini. “Sono contento che ci siano dei controlli a tappeto, perché anche in questo caso, come nel caso del gas e della luce, qualcuno ne sta approfittando, perché per lo stesso prodotto non puoi pagare 1,70 euro in una città e 2,30 euro in un’altra. È giusto controllare e verificare”.

Possibile che esistano casi specifici in cui i benzinai ci mettono del loro e “fanno i furbi” ma nel complesso questa accusa pare senza fondamento. Vediamo perché. La benzina costa oggi, in media e in modalità self service, 1,965 euro al litro. Il gasolio 2,023 euro. È ormai da qualche mese che il diesel ha sorpassato la verde, questa è una dinamica internazionale che esula dalla specifica situazione italiana. Il gasolio ha una molteplicità di impieghi (alimenta ad esempio anche macchinari agricoli e industriali) che la benzina non ha e risente più direttamente dei contraccolpi causati dalla guerra in Ucraina. Dall’inizio dello scorso novembre però il prezzo del petrolio (da cui derivano sia benzina che gasolio) è diminuito di circa il 20% scendendo da 100 a 80 dollari al barile. Calo che incide sulla componente industriale dei prezzi dei carburanti. Due mesi fa il prezzo della benzina era di 1,688 euro al litro, quello del gasolio di 1,836 euro.

Nel frattempo il governo Meloni decide però di eliminare, in due passaggi, lo sconto fiscale introdotto dal governo Draghi nel marzo 2022. Un taglio alle accise che vale 30 centesimi di euro, a cui si sommano 4 centesimi di minore Iva (che viene calcolata anche sulle accise). In tutto gli automobilisti risparmiano 34 centesimi al litro. L’11 dicembre lo sconto viene però ridotto di 10 centesimi, dal primo gennaio 2023 completamente azzerato. Se ai prezzi di inizio novembre sommiamo i 34 centesimi di prelievo reintrodotti vediamo che il costo della benzina sale a 2,028 centesimi al litro, quello del gasolio a 2,276 euro, al di sopra dei valori medi che si registrano oggi ai distributori. Non dimentichiamo però che il costo del petrolio è sceso del 20% e così ha fatto il costo industriale dei due carburanti. Per il gasolio il costo industriale è di circa 1,1 euro. Un calo del 20% significa una diminuzione dei costi di circa 20 centesimi. Sottratto al valore che il diesel avrebbe raggiunto sommando ai valori di inizio novembre l’aumento del prelievo fiscale si ottengono più o meno i prezzi attuali. Di spazio per la “speculazione”, contro cui è stata mobilitata la Guardia di Finanza ed è stato riesumato persino “Mr Prezzi”, insomma ce n’è poco, al di là, ripetiamo, di casi specifici.

Lo sconto fiscale certamente costa, a spanne poco meno di un miliardo di euro al mese. Ogni anno il governo incassa infatti dalle accise sui carburanti una ventina di miliardi di euro e l’intervento del governo Draghi aveva dimezzato questo gettito. L’incidenza del prelievo fiscale italiano era così scesa (al 39% per il gasolio) al di sotto della media dell’area euro (42%). Comunque al di sopra di paesi come Spagna o Portogallo. In sé e per sé fare pagare tanto benzina e diesel può avere anche una motivazione di carattere ambientale, ma in questo momento l’Italia si trova a fronteggiare un’inflazione particolarmente perniciosa. A differenza di quanto sta accadendo in molti paesi dell’area euro il carovita non vuole scendere e rimane al di sopra dell’11%. Il costo dei carburanti e quindi del trasporto di qualsiasi merce è uno dei fattori che più contribuisce alla diffusione degli aumenti dei prezzi a tutti i tipi di prodotti.

Palazzo Chigi si è ripetutamente espresso in modo critico nei confronti della Banca centrale europea e delle sue politiche monetarie. Dallo scorso luglio la Bce sta infatti alzando i tassi di interesse avendo come obiettivo principale proprio quello di raffreddare i prezzi. Curioso che le critiche al medico arrivino dal paziente con la febbre più alta.

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