Era stato più volte annunciato e l‘8 gennaio è stato messo in pratica. L’assalto al Congresso di Brasilia, al Corte suprema e alla sede del governo solleva tanti dubbi, in particolare sull’atteggiamento di forze dell’ordine e militari, così come sul ruolo svolto dal governatore di Brasilia e, soprattutto, dall’ex ministro della Sicurezza di Bolsonaro, Anderson Torres. Di certo – oltre alle immagini degli agenti che scattano selfie durante l’assalto dei sostenitori di Bolsonaro e gli strani segnali dell’esercito schierato a protezione dell’accampamento dei manifestanti – ci sono le parole e le decisioni assunte dalla Corte suprema e dal presidente Lula.

Le prime decisioni – Rimozione per 90 giorni del governatore del Distretto federale di Brasilia, Ibaneis Rocha, e indagini a tutto campo per chiarire il ruolo di tutti gli attori in questa vicenda. Sono state queste le prime mosse del giudice della Corte Suprema Federale Alexandre de Moraes: “La violenta escalation di atti criminali poteva verificarsi solo con il consenso, e anche l’effettiva partecipazione, dalle autorità competenti per la sicurezza pubblica e l’intelligence“, ha affermato Moraes. Il primo atto del presidente Luiz Inacio Lula da Silva (che si trovava ad Araquara, nello stato di San Paolo devastato dalle alluvioni) è stato quello di decretare l’intervento federale nella sicurezza nel distretto di Brasilia fino al 31 gennaio. Il Brasile è infatti uno Stato federale e ciascun distretto ha la sua autonomia: con quella decisione Lula ha passato la gestione della sicurezza del distretto di Brasilia sotto il controllo del governo.

Il ruolo della polizia – I problemi sulla gestione della sicurezza sono stati evidenti sin dai primi momenti. Troppo debole e quasi inesistente il contrasto ai manifestanti in uomo dei luoghi più sensibili e controllati di tutto il Brasile. La Praça dos Três Poderes è una grande piazza tra i tre edifici monumentali (progettati da Oscar Niemeyer) che rappresentano appunto i tre poteri della Repubblica brasiliana: il Palácio do Planalto, sede del governo federale; il palazzo del Tribunale supremo federale e il palazzo del Congresso nazionale. Si tratta, pertanto, di una delle zone più presidiate dello Stato e dove manifestare senza autorizzazione è proibito. “E’ la polizia del Distretto Federale che deve fare la sicurezza e non lo ha fatto. Per incompetenza e malafede delle persone che se ne occupano”, ha subito attaccato Lula accusando gli agenti di non essere intervenuti per bloccare i bolsonaristi. “La polizia non ha fatto nulla, ha solo fatto entrare i manifestanti“, ha aggiunto il presidente. E le immagini diffuse dalle tv brasiliane e sui social mostrano, in effetti, un’irruzione quasi indisturbata dei manifestanti nei tre palazzi del potere.

L’esercito e l’accampamento – Finito l’assalto e ristabilito l’ordine nella piazza dei Tre Poteri, ecco un altro evento singolare: l’esercito brasiliano ha impedito nella notte alla polizia l’ingresso a Brasilia nell’area dove erano accampati i seguaci dell’ex presidente Jair Bolsonaro. I militari hanno sbarrato la strada agli agenti che volevano entrare nella zona con carri armati. Diversi veicoli della polizia erano arrivati all’ingresso della zona che si trova davanti al quartier generale dell’esercito, ma sono stati fermati. Siamo nel Settore militare urbano (Smu) e l’area è di responsabilità esclusiva militare. Qui da oltre due mesi i seguaci di Bolsonaro hanno costruito il loro accampamento con tanto di tende, cucine da campo e bagni chimici. Lo sgombero è avvenuto dopo diverse ore e dopo la risoluzione del giudice della Corte suprema Alexandre de Moraes. In totale gli arresti saranno 1.200 e saranno effettuati dalla polizia federale (e non da quella di Brasilia).Proprio l’atteggiamento ambiguo dell’esercito potrebbe essere una delle cause del caos brasiliano.

Il governatore di Brasilia – Sempre de Moraes ha deciso la destituzione del governatore di Brasilia. A nulla sono servite le sue scuse: “Quello che è successo oggi nella nostra città è semplicemente inaccettabile”, ha detto. Per il giudice de Moraes il governatore Ibaneis Rocha ha ignorato tutte le richieste di rafforzamento della sicurezza avanzate da varie autorità. Una “condotta ingannevolmente omissiva” di chi “ha ignorato tutti gli appelli delle autorità a realizzare un piano di sicurezza, con il divieto ai criminali terroristi di entrare nella spianata dei Ministeri, avendo rilasciato un ampio accesso”, ha detto il giudice. Immediatamente dopo la diffusione della notizia dell’assalto, però, il governatore di Brasilia aveva annunciato l’esonero del suo segretario della Sicurezza, Anderson Torres, uomo fedelissimo di Jair Bolsonaro.

La figura di Anderson Torres – Ed è su Torres che si è concentrata l’attenzione di molti. E’ stato ministro della Giustizia e della Pubblica sicurezza durante il governo di Bolsonaro. In precedenza aveva ricoperto l’incarico di ministro della Sicurezza del Distretto federale di Brasilia. Con la fine del governo Bolsonaro, il primo gennaio era tornato al suo posto nella capitale brasiliana. E per molti il suo coinvolgimento nell’assalto è evidente. Via Twitter Torres si è rammaricato per le “scene deplorevoli”, assicurando di avere “impartito disposizioni precise alla polizia per ristabilire l’ordine”. Ma non convince molti al punto che l’Advocacia Geral da Uniao, l’organo che rappresenta il Paese di fronte alla Giustizia, ha presentato una richiesta di arresto immediato per Anderson Torres.

In Florida con Bolsonaro – Ma dove si trova adesso? Per il quotidiano Estadão, Torres si è recato a Orlando, in Florida. Qualche giorno dopo la sua designazione a Brasilia ha preso un aereo diretto negli Stati Uniti. Probabilmente vive vicino alla residenza del suo ex presidente. Jair Bolsonaro, infatti, ha lasciato da diversi giorni il Brasile: non ha mai fatto le congratulazioni a Lula per la sua elezione e ha lasciato il Paese il 30 dicembre, due giorni prima della fine ufficiale del suo mandato, e a bordo dell’aereo presidenziale dell’Aviazione militare è andato in Florida.

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