Ancora poche ore e lo sconto fiscale sulla benzina non esisterà più. Da domani lo Stato tornerà a riscuotere tutte le accise e l’Iva che gravano sui carburanti e che incidono per oltre la metà sul prezzo al litro pagato da chi fa rifornimento. Se si fa un pieno si tratta di un aggravio non da poco, tra i 5 e i 10 euro a seconda della capienza del serbatoio visto che il costo del litro aumenta di 18 centesimi. Lo sconto (in tutto circa 34 centesimi al litro) era stato deciso lo scorso marzo dal governo Draghi. A inizio dicembre però il nuovo esecutivo ha ridotto lo sconto di 12 centesimi, e ora lo azzera completamente.

È vero che nel frattempo le quotazioni del petrolio sono scese (-10% nell’ultimo mese e mezzo) portando un qualche sollievo al portafoglio degli automobilisti ma il prezzo del carburante rimane alto e soprattutto la decisione di eliminare del tutto gli sconti fa a pugni con le dichiarazioni della stessa presidente del Consiglio e di altri esponenti del governo, a cominciare dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini.

Molti su Twitter ripropongono un video in cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si scagliava contro le accise e il peso del fisco sui carburanti (oltre la metà del prezzo se ne va in accise ed Iva, ndr) proponendo l’abolizione dei prelievi.

Quanto a Salvini già nel 2018 aveva promesso che avrebbe eliminato 7 delle 16 accise che attualmente si applicano a benzina e gasolio “nel primo Consiglio dei ministri” ma per adesso sono tutte ancora lì e pesano per oltre 0,7 euro (su cui poi si calcola anche l’Iva) al litro. Ogni anno in Italia si spendono circa 60 miliardi di euro per comprare carburanti, di questi circa 35 miliardi finiscono nelle casse dello Stato. Dimezzare o quasi le accise ha un costo significativo per il fisco, gli sconti decisi da Draghi hanno ridotto il gettito di 9 miliardi di euro. Due o tre cifre che andrebbero tenute a mente prima di fare promesse, almeno se si vogliono evitare brutte figure.

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