“La riforma della giustizia è una priorità. È una di quelle riforme per cui serve un governo coraggioso e deciso. Nei prossimi mesi lavoreremo per metterla a punto”. Nella sua prima conferenza stampa di fine anno la premier Giorgia Meloni mette il sigillo sugli annunci del suo ministro Carlo Nordio. E spiega che la nuova riforma (dopo le già tre approvate dal governo di Mario Draghi) seguirà i principi che sono “i capisaldi storici del centrodestra, tra cui la separazione delle carriere” tra pm e giudici. “Le norme che vogliamo fare sono volte a garantire lo Stato di diritto e la certezza della pena”, spiega. E aiuteranno l’Italia “da vari punti di vista, nel rapporto tra il cittadino e lo Stato, negli investimenti, nel Pnrr. Abbiamo scelto un ottimo ministro e credo che questo governo, mettendo insieme le anime della sua maggioranza, abbia nel complesso una visione molto equilibrata” sul tema, afferma la leader di FdI. Che benedice anche l’ordine del giorno al dl Rave proposto da Azione e Italia viva (con parere favorevole del governo) per abolire il blocco della prescrizione dopo il primo grado: “È un’indicazione di buon senso, la prescrizione rimane un fondamento dello Stato di diritto, altrimenti rischiamo di avere indagati o imputati a vita. Credo che su questo ci sia un consenso trasversale, è uno degli elementi che ci stanno a cuore”.

“Eliminare l’abuso delle intercettazioni” – Sempre sulla giustizia, rispondendo a una domanda del Fatto, Meloni conferma l’intenzione di restringere il ricorso alle intercettazioni: “Non intendiamo privare la magistratura di questo straordinario strumento. Quello che vogliamo fare è eliminare l’abuso, evitando il cortocircuito nel rapporto tra le intercettazioni e i media. Sui quotidiani sono finite intercettazioni che non avevano alcuna rilevanza penale, semplicemente per interesse politico”, ripete. Sullo scudo penale per chi aderisce alla tregua fiscale, la premier ricorda che “la norma alla fine non è entrata in legge di bilancio, cioè non abbiamo fatto quello che ha fatto Renzi nel 2014”. Ma rivendica: “Penso che sia abbastanza normale che quando decido di aderire a un patto io risolva il mio contenzioso con lo Stato“.

“Condono? In manovra non c’è”. E attacca Bonafede – La premier nega – contro l’evidenza – che la manovra preveda condoni per gli evasori: “I condoni nella manovra non ci sono, abbiamo fatto una norma che chiede a tutti di pagare il dovuto con una maggiorazione, consentendo una rateizzazione. Le uniche cartelle che abbiamo stralciato sono quelle vecchie più di sette anni e inferiori a mille euro, ma perché conviene allo Stato, perché è più costoso riscuoterle. Vogliamo immaginare un nuovo tipo di dialogo con i contribuenti, ma senza favorire l’evasione”. La premier si dice “fiera del fatto che il primo provvedimento di questo governo sia stato contro la mafia, per salvare l’ergastolo ostativo che nasceva dalle intuizioni di Falcone e di Borsellino, e mi dispiace aver visto l’opposizione così dura su un provvedimento di questo genere”. Ma omette di precisare che in quel decreto, il cosiddetto decreto Rave, c’era ben altro, a partire appunto dalla contestatissima nuova fattispecie di reato sui raduni pericolosi. Invece attacca l’ex ministro Alfonso Bonafede e i governi di Giuseppe Conte: “Ho sentito molte accuse dall’opposizione ma io la morale da chi al governo ha liberato boss al 41 bis con la scusa del Covid e ha approvato il condono di Ischia non me la faccio fare. Ognuno risponde per propria coscienza”.

“In maggioranza clima positivo” – Alla domanda sui rapporti interni alla coalizione, la premier risponde netta: “Mi fido dei miei alleati. Al di là dei dibattiti, che sono naturali all’interno di una maggioranza con più partiti, per me contano molto i fatti. Trovo un clima assolutamente positivo, non posso lamentarmi. E non lo dico per atto dovuto. Abbiamo scelto di fare una manovra politica, pur essendo appena arrivati”, rivendica. “Siamo riusciti a mantenere, o a iniziare a mantenere, gli impegni che avevamo preso. La legge è stata approvata in Cdm in un’ora, nonostante non lasciasse molto spazio alle legittime rivendicazioni dei ministri: io ho fatto parte di un altro governo e ricordo dibattiti molto più accesi e articolati. Il fatto che sia stata approvata un giorno in anticipo rispetto agli ultimi anni dimostra che la volontà è quella di lavorare bene e rispettare le scadenze. Continueremo a lavorare sulla base di quello che accade, ma siamo in una situazione di grande emergenza: i provvedimenti energetici costano mediamente cinque miliardi di euro al mese. Il tetto del gas può cambiare il quadro, e se dovesse confermarsi cambiato una parte di risorse potrebbe liberarsi per altri provvedimenti”, comunica Meloni.

“Covid? Situazione sotto controllo” – Sul Covid “ci siamo mossi immediatamente per affrontare la situazione determinata da quello che è accaduto in Cina”, dice la premier. “Il ministro Schillaci ha imposto il tampone a chiunque arrivi con volo diretto, una misura che però rischia di essere inefficace se non è adottata a livello europeo. Per questo ci siamo rivolti all’Unione europea e confidiamo che voglia operare in questo senso. Dobbiamo capire se quello che sta arrivando è qualcosa che abbiamo già visto oppure no: i primi casi sequenziati sono varianti Omicron già presenti in Italia, lo dico per dare un messaggio tranquillizzante. Credo che la soluzione siano sempre i controlli: tamponi e mascherine continuano a essere utili. Ma il modello di privazione delle libertà che abbiamo conosciuto in passato non mi pare così efficace, e il caso cinese lo dimostra bene”. Ma “al momento la situazione in Italia è sotto controllo“, assicura.

Lavoro: “Meglio i voucher del nero” – Un’ampia risposta è stata riservata alla misura che ha reintrodotto i voucher per regolare le prestazioni di lavoro occasionale in alcuni settori: “Migliorare la qualità del lavoro, in Italia, significa investire sulla crescita: bisogna mettere le persone in condizione di assumere. E questo si fa quando l’economia è libera di operare e il governo e la politica fanno del loro meglio per favorire chi crea ricchezza e chi crea lavoro. Spesso invece si è posto un limite piuttosto che uno stimolo alla creazione della ricchezza. Veniamo da legislature in cui ci è stato detto che il lavoro si poteva creare per decreto e la povertà si poteva abbattere per decreto: non è così. Il lavoro lo creano le aziende con la loro capacità”, afferma. “Noi ci siamo mossi esattamente in questo senso, per togliere cavilli e vincoli che sono controproducenti e per quanto possibile dare dei segnali sulla tassazione, anche se per le risorse a disposizione non abbiamo potuto farlo con l’impatto che avremmo sperato. Dobbiamo abbandonare l’idea per cui esiste solo il lavoro dipendente a tempo indeterminato: il mercato del lavoro è profondamente cambiato, siamo in un tempo in cui ci sono lavoratori che hanno necessità diverse, e credo che sia meglio normarlo piuttosto che rischiare che quel lavoro sia fatto in nero, perché l’eccessiva rigidità ha portato nel tempo a far crescere il lavoro sommerso”.

Rdc: “Non si può mantenere chi rifiuta il lavoro” – Meloni rivendica anche l’approvazione dell’emendamento alla manovra che ha cancellato il requisito della “congruità” dell’offerta di lavoro che, se rifiutata, fa perdere il diritto al Reddito di cittadinanza: “Bisogna capirsi. Se il tema è non accettare un lavoro sottopagato sono d’accordo, ma se il tema è “non considero questa mansione all’altezza delle mie aspettative” è già diverso, perché tutti vorremmo trovare il lavoro dei nostri sogni, ma non è capitato a tutti. Se voglio stare a casa invece di fare un lavoro dignitoso non posso essere mantenuto con le tasse di chi ha accettato un lavoro che non era quello dei suoi sogni. Da una parte il lavoro non c’è e non si trova, dall’altro però non si trovano i lavoratori nei settori in cui sono richiesti, come quello della moda. È più facile che le persone si mettano in gioco se non si dice “non ti preoccupare, lo Stato ti mantiene“, che credo sia quello che ha fatto il Reddito di cittadinanza”, dice.

Qatargate: “Riguarda i socialisti, non l’Italia” – C’è spazio anche per il Qatargate, lo scandalo di corruzione internazionale all’Europarlamento che ha coinvolto vari esponenti del gruppo socialdemocratico. “Una cosa mi ha molto innervosito: molti colleghi internazionali definiscono questi fatti con la locuzione ‘”italian job“, come se fosse una macchia sulla nostra nazione. La vicenda non riguarda solo italiani, anche belgi, greci e esponenti di altre nazioni”, ricorda Meloni. “Semmai è un tema di partito, un socialist job. Se avesse riguardato i conservatori sarebbe stato un conservative job. Riguarda una famiglia politica ma non l’Italia. Va difeso l’orgoglio e l’onore della nazione che rappresento dagli attacchi. Le responsabilità sono trasversali non fra i partiti ma fra le nazioni”. Sulla questione, dice, si deve “andare fino in fondo e senza fare sconti. Il rischio è che alcune istituzioni siano permeabili ad alcuni interessi, un problema per gli Stati. Non penso che le istituzioni debbano dimostrare o accettare una vulnerabilità. Penso che sarà fondamentale la risposta che le istituzioni europee sapranno dare”.

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