Confindustria torna alla carica con uno dei suoi tormentoni. Non si trovano lavoratori, annuncia oggi in prima pagina il giornale degli imprenditore Il Sole 24 Ore. “Assunzioni, il 41% non si trova”, titola lapidario il quotidiano citando i dati dell’indagine Unioncamere – Excelsior. Il giornale ci spiega che i settori più colpiti sono la meccanica, commercio e riparazione di veicoli, industria del legno e del mobile, costruzioni e servizi informativo. In particolare ci sarebbe una carenza di operai specializzati. Il Nord Est è l’area dove il problema è più sentito, seguito dal Nord Ovest e dal Centro. C’è poi una carenza di autisti di Tir, ne mancano 17mila nei prossimi 2 anni e “Il trasporto rischia lo stop”. La questione salariale non viene neppure sfiorata. Pazienza se l‘Italia è l’unico paese dell’Ocse in cui gli stipendi sono più bassi di 30 anni fa e se, nonostante i cali della contribuzione a carico delle aziende, le buste paga continuino a perdere valore con l’erosione del loro potere di acquisto. Ad aumentare sono invece i working poor, ossia persone che rimangono povere pur lavorando e percependo uno stipendio.

Confindustria si oppone a salari minimi e reddito di cittadinanza, misure che fissano un limite a quanto si può “tirare” sugli stipendi. Se in una determinata zona del paese mancano figure specifiche offerte economicamente più vantaggiose potrebbero indurre chi risiede altrove a trasferirsi e colmare il gap ma, evidentemente, questo non avviene. Peraltro i dati Ocse mostrano come l’Italia non presenti dati di disallineamento diversi da quelli di altri paesi, anzi il fenomeno è più modesto che altrove e spesso il problema è che i candidati sono troppo qualificati per le posizioni offerte dalle aziende.

Il Sole 24 Ore afferma che la situazione si è aggravata “per gli effetti devastanti dello scollamento, peggiorato dai governi Conte che ha letteralmente smontato l’alternanza scuola lavoro, tra formazione e mondo produttivo”. Introdotta nel 2015 dal governo Renzi, l’alternanza scuola lavoro è stata rimodulata nel 2019 quando le ore di lavoro a cui sono tenuti gli studenti sono state ridotte. Alla base del ripensamento c’erano i tanti abusi e i problemi di sicurezza che tuttora continuano come dimostrano le due vittime registrate nel 2022. Per gli gli Istituti Professionali le ore sono state ridotte da 400 a 210; per gli Istituti Tecnici da 400 a 150 e per i licei da 200 a 90.

Che dire dei ragazzi morti o feriti mentre partecipavano alla decantata alternanza? Nulla. Così come tradizionalmente il giornale tace sulle cifre delle vittime sul lavoro (un migliaio solo nel 2022), sopra la media europea. Il fatto che a formare i lavoratori possano essere le stesse industrie, come è sempre stato in passato, non è più contemplato, sono costi e tempo. La difficoltà di reperire alcune professionalità non è peraltro solo italiana. Qualche tempo fa il presidente degli Stati Uniti Joe Biden rispose in modo semplice alle imprese americane che si lamentavano: “Pay them more”. Pagateli di più e li troverete.

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