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Ultimo aggiornamento: 17:10 del 25 Dicembre 2022

Nel limbo di Ventimiglia tra i migranti respinti dalla Francia e accampati al confine. Associazione: “Serve centro di transito”

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Restano in media cento persone, ogni giorno, accampate sul greto del fiume Roja di Ventimiglia, bloccati alla frontiera con la Francia. Sono prevalentemente uomini ma non mancano nuclei familiari, donne e minori non accompagnati. Chi è costretto a sostare qui spesso ha esaurito le alternative economiche per passare pagando i “passeur” che portano avanti con efficacia e costanza il loro business illecito, cioè aiutare a superare il confine chi è disposto a pagare (dai 150 euro a salire). Con i militari francesi a presidiare i passaggi, molte persone vengono intercettate e respinte in Italia, talvolta in base al regolamento di Dublino che li “assegna” all’Italia, talvolta violando le regole come nel caso dei minori o delle persone riaccompagnate senza accogliere la domanda d’asilo nonostante vengano identificate in aree più interne della Francia. Così, nell’imbuto di Ventimiglia, sotto il ponte restano gli “scarti” delle politiche che regolano l’immigrazione in Europa, persone che non trovano spazio in Italia a cui è precluso un futuro in altri Paesi comunitari.

Se la Francia viola con disinvoltura i limiti che dovrebbe rispettare sulla sospensione del trattato di Schengen, controllando sistematicamente treni e passaggi ai valichi, le istituzioni italiane latitano completamente e a tutti i livelli rispetto a quella che è la cura delle persone in strada. Con il Comune commissariato, ci si poteva immaginare una rapida riapertura di un centro di transito, luogo dove le persone possano trovare riparo e allontanarsi dalla strada e dagli accampamenti ai margini della città che sono insicuri e malsani sia per chi ci è costretto a dormire, seppure per qualche giorno in attesa di trovare un varco, sia per la percezione di chi vive il quartiere delle Gianchette di Ventimiglia, da sempre periferia lasciata a se stessa dalle amministrazioni che si sono succedute, impegnate e concentrate solo sulla parte turistica della città. Quello che chiedono, da mesi, le associazioni che mettono ogni giorno una pezza alla “latitanza istituzionale”, è l’apertura di questo centro, senza attendere che i numeri aumentino con la primavera o qualche episodio drammatico come l’ennesima vittima (se ne contano già 37) di questa segregazione che porta a disperati tentativi di attraversamento lungo i binari o a piedi sull’autostrada verso la Francia.

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