Quando si dice restare abbagliati dalla bellezza. L’ho capito e sperimentato pochi giorni fa, in senso metaforico/spirituale e in senso reale/estetico, in due occasioni a Firenze: alla Certosa e a Palazzo Strozzi. Si è infatti aperta al pubblico, soprattutto agli amanti del turismo culturale, la Certosa del Galluzzo, il sogno di eternità o meglio di infinito di Niccolò Acciaiuoli che, nel 1310, volle sul colle più alto di Firenze, il Monte Acuto, il suo “capolavoro” in modo tale che fosse visibile a tutti e da tutti, in specie chi fosse diretto a Siena.

Non solo banchiere, ma anche politico: divenne gran Siniscalco del Regno di Napoli con una grande ambizione, o forse desiderio di redenzione, sino a portarlo a dedicare un Monastero a San Lorenzo e creare anche un’appendice della dimora fiorentina, con una casa studio centro di formazione per giovani. E così nacque anche il Palazzo Acciaiuoli, ricco di opere d’arte, tra cui quelle di Pontormo, che qui si rifugiò durante la peste, Ghirlandaio, della Robbia.

Il complesso che si snoda tra parte conventuale, residenziale e la chiesa è dotato di una particolarità: le celle a corolla, come unità autonome autosufficienti che suscitarono ammirazione e stupore in Le Corbusier che ne trasse ispirazione per le sue opere. Il tutto in una natura maestosa, tipicamente toscana, dove il verde cupo fa risaltare ancor più la pietra bianca e rosa della muratura del complesso, estratta dal monte stesso.

Il Monastero e il resto degli edifici eretti, poiché situati a vari livelli, non solo comportavano problemi per i monaci e conversi (laici molto pii) più anziani, ma anche per i visitatori, cosicché Provveditorato alle Opere Pubbliche e Soprintendenza della Toscana hanno creato con un intervento ardito un ascensore all’interno che ben si inserisce nel contesto senza deturparne la bellezza. È stato anche presentato un docufilm sulla storia della Certosa che ne narra le vicissitudini storico-artistico-politiche.

Altra bellezza da abbagliare è la mostra su Olafur Eliassion a Palazzo Strozzi, a cura di Arturo Galansino che non smette mai di stupirci con l’arte contemporanea. Dopo un ritorno al classico con la riuscitissima mostra su Donatello, una delle più visitate nel 2022 – più di 150.000 visitatori e premiata a Londra con l’Apollo Award come il più bell’evento dell’anno. La genialità dell’artista danese/islandese sta nel comunicare con la luce, quasi un desiderio scatenante, inconscio e paradigmatico di chi per nascita e residenza con il sole poco ci convive.

Il visitatore è protagonista a volte con la sindrome di Narciso, per il ricorso a moltitudini di specchi abbellenti, a volte con la sindrome degli acrobati del Circo Vertigo, con simulazioni di acrobazie aeree. C’è anche il metaverso e una serie di emozioni sensoriali, specie con la luce, che a tratti abbaglia e ipnotizza.

Il risultato è emotivamente coinvolgente ed esalta la severa architettura di Palazzo Strozzi. Nel cortile un’opera progettata appositamente e che posta ad otto metri di altezza, con un gioco di luci ed oscillazioni, crea un affascinante effetto moiré sempre diverso a seconda della visuale dello spettatore.

In sostanza i “pennelli” dell’artista sono i fasci di luce, i cavi metallici e gli specchi. È pertanto una mostra coinvolgente piena di luce, che abbaglia per la sua bellezza. Non trascurabile l’attenzione nei minimi particolari della Fondazione Strozzi per questo museo. Un ottimo servizio di guardaroba, il “fontanello” dell’acqua per la ricarica delle bottigliette, funzionali servizi igienici, ascensori decorati ad hoc per ogni nuova mostra e dispenser di igienizzante ovunque con tanto di salvietta per asciugarsi le mani. Piccole cortesie che rendono la visita ancora più gradevole insieme alla presenza di belle e giovani custodi.

Per cui in una pausa natalizia val la pena un viaggio rigenerante e purificante alla Certosa, un’oasi di pace e serenità, e al Palazzo Strozzi per l’incantesimo e la magia.

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