La resistenza agli antibiotici è un tema molto importante di salute pubblica che fa migliaia di morti l’anno, i dati relativi all’Italia per 2019 erano di 10mila morti e 500mila per l’intera Europa. La resistenza consiste nella capacità di alcuni batteri di sopravvivere e moltiplicarsi pur in presenza di uno o più antibiotici e quindi di continuare a causare l’infezione. Un fenomeno che ci costerà secondo l’Ocse 13 miliardi entro il 2050 per contrastare tutte le conseguenze. Per questo lo studio su Nature Communications appare interessante. Un team di scienziati giapponesi ha progettato e sintetizzato composti analoghi, più facili da produrre, di un nuovo antibiotico efficace contro i batteri multiresistenti ai farmaci. La ricerca apre quindi un nuovo fronte nella lotta al fenomeno dell’antimicrobico-resistenza. I farmaci disegnati e prodotti dal gruppo di Satoshi Ichikawa dell’Università di Hokkaido si chiamano sferimicine e secondo quanto riportato nello studio sembrano funzionare contro lo Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (Mrsa), l’Enterococcus faecium resistente alla vancomicina (Vre) e il Mycobacterium tuberculosis. Super antibiotici contro super batteri.

Le sferimicine bloccano la funzione di una proteina batterica detta MraY, che è essenziale per la replicazione dei germi e la costruzione della loro parete cellulare e che non è un bersaglio degli antibiotici attualmente disponibili in commercio. “Le sferimicine sono composti biologici e hanno strutture molto complesse”, spiega Ichikawa, autore corrispondente del lavoro. Per questo “abbiamo deciso di progettare degli analoghi che sarebbero stati più facili da produrre e anche più efficaci contro MraY, dotati perciò di una maggiore attività antibatterica”.

Gli scienziati sono partiti dalla sferimicina A, analizzandone la struttura attraverso tecniche di modellazione molecolare assistita dal calcolo. In questo modo hanno progettato e prodotto due analoghi denominati Spm1 e Spm2, risultati efficaci contro i batteri Gram-positivi. Successivamente hanno determinato la struttura di Spm1 legato a MraY, capendo come semplificare ulteriormente gli analoghi oggetto di studio e riuscendo a svilupparne uno ancora più semplice, Spm3. L’attività di quest’ultimo era simile a quella di Spm1, ma oltre a essere efficace contro Mrsa e Vre – due dei più comuni batteri resistenti – Spm3 funzionava anche contro il Mycobacterium tuberculosis, patogeno che causa la tubercolosi e ha ceppi multiresistenti. “Il nostro contributo più significativo – afferma Ichikawa – è la costruzione dello scheletro centrale della sferimicina“, un’’impalcaturà sulla quale si potranno costruire “più agenti antibatterici mirati contro la proteina MraY e dunque contro ceppi batterici multiresistenti. La sferimicina è molto promettente – evidenzia l’autore – perché MraY è presente anche nei batteri Gram-negativi”. La prossima sfida sarà ottimizzare gli Spm già prodotti e sviluppare mix di antibiotici contenenti sferimicina per riuscire a colpire una gamma più ampia di batteri.

L’abstract dello studio su Nature

Articolo Precedente

Solstizio d’inverno 2023, ecco quand’è la notte più lunga dell’anno (e perché non è il 21 dicembre)

next
Articolo Successivo

Il desiderio irrefrenabile di cibo o droghe questione di neuroni? Lo studio su Nature

next