La rotazione negli incarichi direttivi è “la via maestra” per “far cessare il mercimonio da foro boario” delle correnti, che “fingono di litigare e di dividersi ma poi, dandosi di gomito, spartiscono tutto nel rispetto dei variabili rapporti di forza”. A scriverlo, in una lettera inviata nelle mailing list dei colleghi magistrati, è Andrea Mirenda, giudice di Sorveglianza a Verona e neo-eletto consigliere togato del Csm, il primo di sempre ad arrivare a palazzo dei Marescialli senza l’appoggio di alcun gruppo politico (grazie al meccanismo di sorteggio parziale introdotto dalla riforma Cartabia). A poche settimane dall’insediamento (manca ancora l’elezione dei membri laici) Mirenda torna a insistere su uno dei punti portanti del suo programma “eretico”: togliere al Consiglio il potere di nominare i dirigenti degli uffici giudiziari (procuratori capi e aggiunti, presidenti di sezioni, di Tribunali e di Corti d’Appello…) per trasformarli in incarichi affidati a rotazione, per un limitato periodo di tempo, a tutti i magistrati dell’ufficio dotati di una congrua anzianità.

Il giudice – che nel 2017 si dimise da presidente di Sezione in polemica con le nomine lottizzate – allega un proprio contributo pubblicato sul Fatto il 4 giugno 2019, all’indomani dello scandalo Palamara: il sistema correntizio, spiegava, “funziona benissimo nel favorire il paradosso di un “autogoverno oligarchico” che esclude sulla carta circa il 90% dei magistrati da ogni esperienza direttiva. Quasi mai il dirigente scaduto tornerà a fare il giudice o il sostituto procuratore. Userà il vecchio incarico come trampolino verso altro e superiore, facendo leva sulla fantasiosa stratificazione dei “meriti” via via acquisiti. Solo la rotazione”, concludeva, “infliggerebbe un colpo mortale all'”ufficio di collocamento” correntizio, restituendo a ogni singolo magistrato indipendenza e pari dignità”. Tre anni dopo, scrive ora ai colleghi, “nulla è cambiato, nonostante la modestia etica del sistema messa a nudo dalle chat palamariane. Eppure basterebbe la rotazione per “restituire a ciascuno di noi dignità, indipendenza e soggezione solo alla legge. E magari, perché no, anche il sorriso, la serenità e l’orgoglio della toga di cui i capi bastone ci hanno spogliato”.

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