Mercoledì 14 dicembre la Procura della Repubblica di Asti ha disposto l’arresto dei sindaci di Vezza d’Alba e Montaldo Roero, Carla Bonino e Fulvio Coraglia, ed emesso ordinanze di custodia cautelare nei confronti di 14 persone (8 ai domiciliari): funzionari pubblici, professionisti ed imprenditori. I reati: corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, truffa aggravata ai danni dello Stato, turbativa d’asta, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.

Il 12 agosto del 2021 ho raccontato proprio questa storia. L’indagine allora era circoscritta al solo Comune di Santo Stefano Roero: un buco di 1,3 milioni nel bilancio a opera del sindaco Renato Maiolo, arrestato poco prima insieme al segretario comunale, che esercitava anche in altri comuni del circondario, e a due tecnici, Cinzia Gotta e Giovanni Careglio. Le indagini misero in luce anche un discreto ventaglio di reati minori collegati a una gestione “feudale” delle cariche e degli incarichi: ingenti fondi pubblici regionali ed europei (15 milioni negli ultimi 15 anni) convogliati su opere a volte inutili, come un’area camper finanziata dalla Regione e priva della strada d’accesso; oppure fallimentari, come il recupero e ampliamento della scuola materna, ancora sotto sequestro per manifesti vizi di costruzione.

Era chiaro già allora che l’Operazione Feudo – così l’avevano denominata la Guardia di Finanza – stava scoperchiando un sistema di potere esteso che chiama in causa le responsabilità politiche di Alberto Cirio, non coinvolto nelle indagini, e la progettista fac-totum, l’architetto Cinzia Gotta, con studio in Bra, lato Cuneo.

Nel 2010 il centrodestra vince le elezioni regionali. Roberto Cota, il presidente eletto, nomina assessore all’Istruzione Alberto Cirio, Fi, prima Lega. Cinzia Gotta, sindaca di Baldissero d’Alba, uno dei Comuni del feudo di Cirio, ottiene un incarico triennale (2011-14) da 90mila euro da Finpiemonte – la finanziaria della Regione – come esperta di edilizia scolastica. Sui Comuni della zona cominciano a piovere fondi regionali, attinti dai bandi di cui la Gotta è commissaria, sempre nominata da Finpiemonte, in gran parte destinati a recuperi di edifici scolastici e a nuove costruzioni perfino dove non ce ne era bisogno.

Le procedure? Il Comune partecipava al bando regionale con uno studio di fattibilità redatto per pochi soldi da un professionista “amico”, l’istruttoria regionale con la Gotta protagonista lo piazzava ai primi posti; una volta ottenuta la garanzia del finanziamento, il Comune predisponeva gli incarichi per la progettazione e la direzione dei lavori dell’opera. Veniva costruita e inaugurata – che servisse o meno – con grande tripudio dei cittadini estasiati dal dinamismo dei sindaci.

In almeno un caso, quando l’incarico era manifestamente in contrasto col suo ruolo in Regione, la Gotta avrebbe fatto figurare il suo socio di studio, salvo poi attribuirsi l’opera nel curriculum. Intanto i bilanci dei Comuni andavano a gambe all’aria e un territorio famoso nel mondo, patrimonio Unesco per i paesaggi vitivinicoli, subiva scempi continui, come documentavano gli ambientalisti di ComuneRoero.

Nel post di agosto 2021 raccontai della solitudine di due consiglieri comunali di Vezza d’Alba, Enrico Grasso e Gian Piero Costa, che a fine 2016 presentano un esposto alla Procura di Asti e alla Corte dei Conti del Piemonte in cui ripercorrono, con supporto di documenti, l’iter che ha portato sindaco e Consiglio comunale, nel 2011, a sbarazzarsi della “vecchia scuola” del paese, da poco ristrutturata e perfettamente funzionale, per costruirne una nuova finanziata dai fondi per l’edilizia scolastica della Regione Piemonte ottenuti con così tanta facilità.

Il giorno dopo la pubblicazione del post ricevo una telefonata-fiume della sindaca di Vezza, Carla Bonino, era riuscita a rintracciarmi chiamando il Comune dove vivo e e di cui sono stato sindaco. Fra una minaccia di querela e qualche tentativo di blandizie, mi chiede di andare a trovarla perché vuole proprio spiegarmi che mi ero sbagliato.

Ci sono andato nel settembre 2021, attirato anche dai vini della Cantina locale, Nebbiolo da favola gli altri non da meno. Due ore di incontro per non trovare alcuna risposta alle domande e ai temi che agitavano non la mia coscienza (del tutto irrilevante), ma le redazioni dei giornali locali e il mondo politico della zona. Sono ripartito ubriacato, non di vino ma di parole, e convinto che quella che avevo provato a raccontare fosse una storia grossa e molto sottovalutata. Che la sindaca fosse dentro una storia ben più grossa di lei.

Tanto che, in modo particolare sulle responsabilità di Alberto Cirio nella costruzione del sistema, ho provato a coinvolgere qualche consigliere regionale perché presentasse almeno un’interrogazione (quelle non si negano a nessuno, specie se sei all’opposizione). Ho cominciato coi 5 Stelle: silenzio. Non parliamo degli altri. Adesso, coi giornali pieni della notizia si è svegliato Maurizio Marello, consigliere regionale del Pd ed ex sindaco di Alba, e ha presentato un’interrogazione, naturalmente “garantista”. Mentre succedeva tutto questo – e l’Albese finiva sui giornali non per le sue eccellenze, ma per la (presunta) corruzione – lui e i politici ben pagati che siedono a Torino dov’erano?

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