Un banchetto elettorale per il candidato sindaco di centrodestra a Pioltello (Milano) e gli inviti alla comunità di albanesi e pakistani a votarlo. C’è anche questo particolare che emerge dall’inchiesta della Dda di Milano che ha portato all’esecuzione di dieci arresti. Associazione a delinquere e al traffico di stupefacenti, oltre a tentata estorsione, tentato omicidio, ricettazione, porto illegale di armi, furto aggravato, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, intestazione fittizia e coercizione elettorale, usura, tutti aggravati dalle modalità mafiose, i reati contestati. Le indagini, condotte dalla Polizia e coordinate dal pm Paolo Storari, hanno fatto emergere le attività della Locale di ‘ndrangheta di Pioltello (Milano), feudo indiscusso delle famiglie Maiolo e Manno e atti criminali di un altro soggetto riferibile alla famiglia di Cosa Nostra di Pietraperzia (Enna) collegata ai Rinzivillo. Il presunto boss della locale di ‘ndrangheta di Pioltello (Milano) Cosimo Maiolo avrebbe fatto “campagna elettorale” nel 2021, stando all’ordinanza del giudice per le indagini preliminari di Milano Fabrizio Filice, a favore del candidato sindaco per il centrodestra della cittadina Claudio Fina (non eletto) organizzando “un banchetto elettorale” anche per “l’aspirante assessore all’urbanistica Marcello Menni” e “invitando” le comunità di albanesi e pakistani a “votare per Fina e Menni”, anche loro accusati “in concorso” di coercizione elettorale con aggravante mafiosa. Emerge dall’ordinanza d nell’inchiesta del pm Paolo Storari.

Il sostegno della ‘ndrangheta a due candidati – Come si legge nell’imputazione per coercizione elettorale, riportata nelle oltre 300 pagine di ordinanza di custodia Maiolo, assieme al suo presunto ‘braccio destro’ Luca Del Monaco (arrestato) e “in concorso con” Claudio Fina e Marcello Menni (indagati), avrebbe sfruttato “la propria fama di soggetto apicale in seno alla locale di Pioltello” e organizzato un banchetto elettorale nel settembre 2021 a favore di Fina e Menni “presso la peschiera gestita dal figlio” Omar Maiolo, “facendo in maniera palese compagna elettorale a favore di Fina e Menni”. E invitando “la comunità straniera presente a Pioltello (e in particolare albanesi e pakistani) a votare per Fina e Menni”. Il presunto boss avrebbe, dunque, manifestato “pubblicamente il sostegno della ‘ndrangheta a favore dei due candidati, in tal modo facendo pressione affinché gli elettori votassero Fina e Menni”. Reato, quello contestato nelle indagini della Squadra mobile, aggravato dall’aver “agito con metodo mafioso” e dall’aver “fatto pressione a nome dell’associazione mafiosa”.

“Mi faccio la lista civica per me” – “Mi faccio la lista civica per me (…) mi metto capo della ‘ndrangheta” diceva settembre 2021 Cosimo Maiolo, già condannato a oltre 11 anni dopo lo storico blitz ‘Infinito-Crimine’ contro la mafia calabrese del 2010 e in sorveglianza speciale dopo la pena scontata. Lo stesso presunto boss, stando alle indagini, il 23 settembre 2021, nel corso di un pranzo a Segrate (Milano), Maiolo e Fina avrebbero stretto “accordi per le elezioni“. Fina che, scrive il gip, “seppur consapevole della caratura della persona che aveva davanti, ha accettato l’aiuto in campagna elettorale” definendo col presunto boss, ma anche col suo “uomo di fiducia” Luca Del Monaco, “quali votanti accaparrarsi, sfruttando anche il bacino dei voti derivanti dagli stranieri“. Intercettato nel corso del pranzo Maiolo col candidato, conteggiando le comunità “su cui potevano contare”, diceva: “Romeni, egiziani, Ecuador, pakistani (…) albanesi”. E Del Monaco: “Egitto sono tutti”. Fina: “Sono quelli più numerosi qua (…) albanesi li conosco anche io qualcuno”. In un’altra intercettazione Del Monaco, parlando con Marcello Menni aspirante assessore all’urbanistica, gli diceva: “Se Fina lo candidano a sindaco, tu che quota avrai dopo? Almeno vice-sindaco?”. E Menni: “Noi abbiamo già chiesto un assessorato”.

Le elezioni a Rivolta D’Adda – Cosimo Maiolo tira in ballo anche le elezioni di Rivolta d’Adda, comune in provincia di Cremona. L’uomo ha dichiarato di aver sostenuto anche la candidatura di Giovanni Sgroi (non indagato), che ha effettivamente vinto le elezioni per il centrodestra. Come si legge nell’ordinanza del gip Fabrizio Filice, Maiolo si sarebbe “vantato di aver conosciuto Sgroi attraverso” un amico “aggiungendo altresì che” il candidato sindaco nel comune del Cremonese si sarebbe “recato più volte a casa sua per chiedere sostegno alla sua campagna elettorale. In tono scherzoso ha aggiunto di aver chiesto a Sgroi cosa avrebbe fatto in caso di vittoria alle elezioni” e questi gli avrebbe “ironicamente” risposto che gli “avrebbe affidato (…) l’incarico di recupero crediti per conto del comune, dimostrando quindi di conoscere perfettamente i trascorsi criminali” del presunto boss. Maiolo, il 4 ottobre 2021, parlando al telefono con Luca Del Monaco, il suo presunto braccio destro, gli ha raccontato che “Sgroi, mi è venuto a trovare tre quattro volte…” e l’altro ha replicato “vuoi sapere il motivo perché?”. E Maiolo ridendo ” ‘oh dico ‘ma se sali qua che fai? ” e che faccio…a te ti metto al recupero creditì”.

L’idea di lucrare sulle vittime del Covid – L’indagine della Squadra Mobile di Milano ha dimostrato come l’attività non si fosse fermata nemmeno durante i momenti più duri della pandemia di Covid. Anzi, nel corso di una conversazione intercettata, uno dei figli del reggente della Locale di ‘ndrangheta di Pioltello, intuendo la possibilità di lucrare sul fenomeno del trasporto delle salme delle vittime del virus, mentre alla televisione scorrevano le immagini della colonna di salme trasportate dall’Esercito, spiegava come, attraverso una società intestata a un prestanome e l’emissione di false fatture, avrebbe potuto ottenere guadagni illeciti nel settore del trasporto feretri.

Grazie alle intercettazioni gli investigatori hanno potuto accertare la pervasività della struttura mafiosa, “legata fortemente ai segni e ai simboli tipici dell’ndrangheta: in due circostanze, la Polizia di Stato ha documentato come uno degli indagati, rivolgendosi a suo nipote, da un lato gli spiegava l’importanza dei legami di sangue che assicurano un’affiliazione ‘automatica’ e, dell’altro, illustrava l’importanza di riconoscere i ‘segni’ dell’ndrangheta in maniera tale da essere in grado di riconoscersi tra appartenenti”. Tra le contestazione anche quella di un’ipotesi di tentato omicidio in un episodio che ha visto coinvolto un membro della famiglia e alcuni cittadini albanesi per una questione di droga degenerata, prima dell’intervento delle forze dell’ordine, in una rissa. Episodio, questo, che ha creato, peraltro, un forte dissidio nella famiglia in quanto il comportamento dell’autore del tentato omicidio è ritenuto impulsivo: le diverse conversazioni che coinvolgevano diversi membri della Locale, a un certo punto, infatti, hanno fatto emergere da parte del reggente della famiglia, l’idea di sopprimere il fratello autore del tentato omicidio, fatto poi non concretizzatosi a conferma della propensione dell’ndrangheta a mantenere un basso profilo.

La società per fornire lavoratori a un colosso della logistica – Il gruppo aveva, secondo gli inquirenti, anche la capacità di gestire notevoli flussi di denaro da riciclare: sono state documentate reiterate intestazioni di aziende a prestanomi per eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione. Un vero e proprio sistema ben collaudato in cui, attraverso l’emissione/ricezione di fatture per operazioni inesistenti o con sovrafatturazioni nonché finte assunzioni di dipendenti, si andava a inquinare il tessuto sano dell’economia del territorio conseguendo illeciti guadagni nei settori della logistica e dei servizi funerari. Inoltre, sono state documentati anche casi di imprenditori che, istaurando rapporti ai limiti della connivenza, si sono avvalsi dei servizi offerti da alcuni degli indagati per lucrare sul fronte del costo del lavoro e della manodopera: emblematico è stato il caso di una nota azienda di logistica che, per il tramite di alcune società cooperative riferibili agli indagati, di fatto agiva come se i soci della stessa fossero dipendenti della ditta.

Salvatore Maiolo, uno dei componenti dell’omonima famiglia, avrebbe creato, anche attraverso prestanome, società, come la Thalia srl, che “costituiscono meri serbatoi di personale da ‘affittare’ a committenti”, alcuni di rilevanti dimensioni come Gls, uno dei colossi nel settore della logistica-trasporti. In questo modo il clan della ‘ndrangheta avrebbe portato avanti “illecite somministrazioni di manodopera”, come si legge negli atti, con “profitti a favore del sodalizio mafioso”. La società Thalia, si legge sempre nell’ordinanza, operava “in regime di subappalto per la Gls Trasporti”. In una intercettazione del gennaio 2020 Salvatore Maiolo (ora in carcere), parlando col cugino Giovanni Maiolo (anche lui arrestato), gli spiegava che “un suo amico aveva stipulato un contratto con il corriere Gls per la gestione di 40 furgoni a 200mila euro al mese”. In un’altra intercettazione dell’agosto 2020 Salvatore Maiolo diceva: “Ho 40 furgoni, Gls”

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