Salta l’ultimo alibi del governo Meloni per non approvare la riforma del Meccanismo europeo di stabilità, che è stata firmata da tutti i paesi dell’Eurozona il 27 gennaio 2021 e doveva a entrare in vigore lo scorso gennaio dopo l’ok dei Parlamenti nazionali. A novembre il nuovo ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha ribadito l’impegno dell’Italia ma ha detto di voler procedere solo dopo “le decisioni della Corte costituzionale tedesca”. Ora il verdetto è arrivato: la Corte di Karlsruhe ha dichiarato inammissibile il ricorso di costituzionalità sollevato contro l’approvazione dell’accordo che modifica il Trattato istitutivo del Mes.

Ora quindi si apre la strada alla ratifica da parte della Germania. E a quel punto all’appello tra i 19 Stati dell’Eurozona mancherà solo l’Italia, richiamata più volte al rispetto degli impegni. Nella precedente legislatura FdI e Lega si erano espressi contro la riforma e sarà interessante vedere se l’attuale maggioranza si convincerà ora alla ratifica.

Il ricorso era stato presentato da sette deputati del Partito liberaldemocratico (Fdp) al Bundestag. “I denuncianti – scrive la Corte – sostengono che fosse necessaria una maggioranza dei due terzi perché la procedura d’urgenza stabilita dall’Accordo che modifica il Trattato Mes nell’ambito del sostegno comune comporterebbe un trasferimento di poteri sovrani e perché la modifica comporta una modifica de facto del quadro normativo dell’Unione europea in modo strutturalmente significativo”. Ma secondo la Corte “la censura costituzionale”, si legge in una nota, “è inammissibile, in quanto i ricorrenti non hanno sufficientemente dimostrato e sostanziato la possibilità che tali atti violino il loro diritto all’autodeterminazione democratica. Non sono riusciti a dimostrare che uno degli accordi di modifica potrebbe portare a un trasferimento di poteri sovrani al Mes o all’Unione europea o che un cambiamento (de facto) del quadro dell’agenda di integrazione dell’Ue che potrebbe violare il loro diritti”.

Il Mes, o fondo salva stati, è stato creato nel 2011 per far fronte ad eventuali crisi di debiti sovrani nella zona euro. Entrerebbe in funzione qualora uno stato membro dovesse perdere la capacità di finanziarsi sui mercati a tassi ragionevoli. La riforma dispone che i vertici (il nuovo direttore generale è il lussemburghese Pierre Gramegna) siano chiamati a valutare in via preventiva la situazione finanziaria degli Stati, compresa la sostenibilità del debito stesso. Il Mes diventa poi un paracadute per eventuali crisi bancarie, con la possibilità di mobilitare i suoi fondi per far fronte ad improvvisi aumenti delle esigenze di liquidità di un istituto.

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