A Catania, nel reparto di un pronto soccorso, una coop impiegava medici che mai si erano specializzati nei settori dell’emergenza e urgenza. La stessa che forniva personale ausiliario senza titolo all’Unità operativa di Chirurgia ma dichiarandolo ufficialmente come Oss. A Vercelli c’era chi spediva in ospedale professionisti over 70 – età superiore a quella stabilità dai contratti – tra cui alcuni medici generici, al reparto di ostetricia e ginecologia. Non adeuatamente formati, non erano nemmeno in grado di effettuare dei parti cesarei. Sono alcune delle criticità scoperte dai carabinieri Nas in un’operazione che, da novembre, ha previsto controlli in ospedali e Rsa in tutta Italia, portando alla luce irregolarità in 165 posizioni lavorative. Sotto accusa il sistema delle prestazioni lavorative per figure sanitarie appaltate a cooperative che, secondo i sindacati medici, ha determinato una situazione da far west.

I controlli, spiegano i Nas, sono stati effettuati in ospedali e Rsa, strutture che “per sopperire alla carenza di personale e garantire l’erogazione minima dei servizi di cura ed assistenza, ricorrono sempre più spesso a contratti di appalto per avvalersi di professionalità sanitarie – medici, infermieri ed operatori sanitari – forniti da società esterne, solitamente riconducibili a cooperative”. Sono stati svolti accessi presso 1.934 strutture sanitarie, monitorando 637 imprese/cooperative private e verificando l’idoneità di oltre 11.600 figure tra medici (13%), infermieri (25%) e altre professioni sanitarie (62%). I militari hanno segnalato complessivamente 205 persone, tra responsabili di cooperative, titolari di strutture sanitarie ed operatori sanitari, di cui 83 all’Autorità Giudiziaria e 122 a quella Amministrativa.

Molti anche i casi di esercizio abusivo della professione (43 operatori) in particolare nello svolgimento di attività infermieristiche in assenza di iscrizione all’albo e senza il riconoscimento dei titoli acquisiti all’estero. Un quadro allarmante che mette in evidenza le criticità del sistema degli appalti alle cooperative, denuncia il maggiore dei sindacati dei medici ospedalieri, l’Anaao-Assomed. Il sistema delle cooperative, afferma il segretario Anaao Pierino Di Silverio, ha determinato “un vero e proprio Far west professionale nella Sanità, con una destrutturazione della professione: non contano più le qualifiche ma ciò che conta è coprire il turni, e in nosocomi o Rsa è come essere in una catena di montaggio”. Di fronte a tale situazione, sono tre le misure urgenti da prendere secondo il leader sindacale: “Dare innanzitutto un segnale ai medici pensando ad una flat tax con una diminuzione delle tasse anche per i medici del Servizio sanitario nazionale; pensare un nuovo modello di lavoro con meno legacci; creare condizioni lavorative e organizzative che rendano più appetibile il sistema pubblico”.

Critico anche il presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli: “Il sistema delle cooperative e dei medici a gettone è la conseguenza di una Sanità che non valorizza più le professioni, e che è divenuta sempre meno attrattiva per i professionisti stessi, ma è al contempo vero che spetta ai direttori generali vigilare e verificare che i professionisti impiegati negli ospedali abbiano tutte le qualifiche necessarie”. In Italia, ricorda, abbiamo 4 medici per 1000 abitanti, un numero più alto rispetto a Spagna, Inghilterra e Francia. I medici quindi “non sono pochi ma il problema vero è la poca attrattività della Sanità pubblica, per cui alla fine moltissimi medici decidono di andare a lavorare all’estero dove guadagnano di più o trasferirsi nel privato con vari benefit. Ed il risultato – conclude – sono storture come quelle scoperte dai Nas, a danno dei cittadini e dei malati”.

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