“Ero in carcere durante l’agguato all’ambasciatore Attanasio, sono stato liberato 4 ore dopo”. Così si è difeso, nel corso dell’udienza di mercoledì di fronte al tribunale militare di Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, Bahati Antoine Kiboko, uno dei sei imputati per il triplice omicidio del diplomatico italiano, del carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e dell’autista del Programma Alimentare Mondiale (Pam), Mustapha Milambo. Le dichiarazioni dell’uomo di fronte ai giudici vengono riportate dai media locali. La posizione di Kiboko era finita al centro di uno scontro nel corso della passata udienza, dopo che sua moglie lo aveva indicato come uno dei membri del commando che ha assaltato il convoglio lungo la Route Nationale 2, all’altezza del villaggio di Kibumba, nella regione del Nord Kivu.

L’uomo, secondo quanto si legge, è stato condannato nel 2016 a cinque anni di carcere per sequestro di persona e associazione a delinquere e ha scontato la sua pena nel carcere di Munzenze a Goma, ma secondo l’ufficio del procuratore militare è stato liberato il 23 gennaio 2021. Una data che viene però contestata dall’imputato: “Sono stato rilasciato il 22 febbraio 2021 alle 14”. Versione che, se confermata, renderebbe impossibile collocare l’uomo sulla scena del delitto, avvenuto intorno alle 10. Così, il tribunale ha deciso di costituire “una commissione rogatoria” che dovrà esaminare atti e registri carcerari per accertare la data della scarcerazione.

Nell’udienza di mercoledì, dedicata all’esame dei reperti, si è anche discusso di uno degli elementi senza risposta emersi dall’indagine: la scomparsa del cellulare iPhone 4S in possesso del carabiniere Iacovacci. Il dispositivo, sparito dalla scena del delitto, venne rintracciato circa un mese dopo nella zona di Bukavu, in possesso di un uomo poi risultato estraneo alla vicenda. Un elemento che, secondo il capitano-magistrato Bamusamba Kabamba, in rappresentanza del pubblico ministero, “corrobora le denunce fatte dalla moglie del signor Bahati”. Questa, infatti, aveva dichiarato che dopo l’omicidio suo “marito aveva riportato un piccolo computer, telefoni, uno dei quali era stato venduto a un uomo di Bukavu”. “Bahati, che ne dici di questa coincidenza?”, ha chiesto il giudice. “Mia moglie ha mentito, è tutto sbagliato, non lo so”, ha risposto l’uomo che nel corso della precedente udienza aveva respinto le accuse della coniuge, sostenendo che stesse testimoniando il falso perché aveva una storia d’amore con il pm.

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