di Aya El Hail*

Secondo le stime di Unaids, nel 2021, 1,5 milioni di persone hanno contratto l’Hiv. Le nuove infezioni da Hiv sono sempre più concentrate tra le fasce di popolazione più vulnerabili, in particolare i bambini, le ragazze adolescenti e le giovani donne dei paesi a basso reddito. I dati parlano chiaro: nel 2021, solo il 52% dei bambini infettati dall’Hiv a livello globale ha ricevuto il trattamento salvavita di cui aveva bisogno.

Questo è ciò che, oggi, la giornata mondiale contro l’Aids, ha l’obiettivo di ricordare: l’Aids non è scomparso e rimane ancora una minaccia per molti. Una realtà che, una giovane attivista come me, in Italia, stenta ad immaginare.

Sei delle dieci principali cause di morte nei paesi a basso reddito sono malattie infettive prevenibili e curabili. Nonostante i passi avanti degli ultimi decenni, il ritmo dei progressi è ben lontano da quello necessario per porre fine all’Aids come minaccia per la salute pubblica entro il 2030. Quello che la pandemia di Covid-19 ci ha ricordato, è che questi traguardi vanno continuamente rafforzati per non rischiare di retrocedere.

La risposta globale all’Aids è stata annunciata come un successo, un modello di ciò che è possibile fare quando la volontà politica e i finanziamenti vengono costantemente indirizzati verso una crisi sanitaria globale. Basti pensare che due decenni fa l’Hiv/Aids uccideva quasi 4.000 persone al giorno, e le nuove infezioni raddoppiavano ogni anno; oggi, 27,5 milioni di persone hanno accesso a cure salvavita, e i decessi per Aids sono diminuiti di oltre la metà dal picco massimo.

Negli ultimi decenni, la scienza ha fatto passi da gigante: ad oggi la malattia può essere gestita con farmaci antiretrovirali che contribuiscono a rafforzare il sistema sanitario. Grazie al lavoro salvavita del Fondo Globale per la lotta contro l’Aids, la tubercolosi e la malaria, 28,7 milioni di persone hanno accesso a questi trattamenti indipendentemente da dove essi vivano. Ampliare l’accesso all’assistenza sanitaria di base è un imperativo fondamentale, che i leader mondiali devono porsi per salvare vite umane ora e aumentare l’aspettativa di vita nel tempo.

Per questo è essenziale che vi siano finanziamenti appropriati a sostegno di iniziative come il Fondo Globale, a cui corrisponda un serio impegno politico per fare di ciò una priorità.

L’Italia è sulla buona strada. In occasione del settimo rifinanziamento del Fondo Globale, il nostro Paese ha annunciato il contributo di 185 milioni di euro a quest’iniziativa, un aumento del 15% rispetto al ciclo precedente. Alla luce di questo passo incoraggiante, mi aspetto che il nuovo governo faccia della salute globale una priorità, e che investa maggiormente sulla ricerca di cure mediche e trattamenti e sulla sua distribuzione. Morire oggi di malattie prevenibili e curabili è una realtà che non possiamo e non dobbiamo accettare.

Come Youth Ambassador di One credo che dove vivi non debba determinare se e come vivrai. Vivere una vita dignitosa non deve essere più essere solo una possibilità, ma una concreta realtà per un ognuno di noi. Un mondo senza Aids e senza malattie prevenibili è possibile, e mi aspetto che l’Italia abbia l’ambizione di renderlo una certezza per la nostra generazione e quelle future.

*Youth Ambassador di Chieri (TO), di 22 anni e studentessa del corso di studi triennale in Scienze internazionali, dello sviluppo e della cooperazione all’Università di Torino.

[Foto in evidenza: @The one caimpaign]

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