A quarant’anni precisi dall’uscita prima negli Stati Uniti e nel Regno Unito, e poi nel resto del mondo, di Thriller, sesto lavoro in studio di Michael Jackson, cosa rimane da dire di quello che, dati alla mano, è tuttora l’album di maggior successo della storia della musica? Complice una nuova edizione disponibile dal 18 novembre contenente inediti, demo e remix.

Cogliamo l’occasione per parlare una volta di più di una pietra miliare che forse per prima ha rappresentato un esperimento, riuscito, di mescolanza musicale tra pop, r&b, disco, funk e rock. Fondamentale, per la riuscita di questo capolavoro, e per com’è che è giunge ancora oggi a noi, fu indubbiamente il ruolo ricoperto da Quincy Jones in produzione, il quale lavorò con Jackson anche agli arrangiamenti e al missaggio affiancato da due pesi massimi quali Bruce Swedien e Rod Temperton.

In aggiunta, il ricorso a tecniche di registrazione all’epoca avveniristiche, come l’acoustic recording process, permise di terminare nel minor tempo possibile i nove brani poi parte della tracklist originale donando a ogni strumento maggior respiro e profondità e un riverbero naturale: il tutto in tempi in cui le macchine e i software digitali poi utilizzati erano anni luce indietro a quelli attuali.

“Lavoravamo cinque notti e cinque giorni senza dormire”, dirà Jones, “Michael non ha creato Thriller dal nulla”. L’obiettivo, non dichiarato ma sicuramente centrato, era infatti quello di replicare il successo di Off The Wall accompagnando Jackson in un percorso di maggior consapevolezza musicale: non è un caso se molti considerino proprio questo il suo debutto solista.

Quasi il contrario di quanto accaduto in quegli stessi anni ai Queen con Hot Space, che forse proprio per questo finirono assieme ai Bee Gees tra le influenze e i riferimenti del cantante, che della disco-funk – a differenza di Freddie Mercury e compagni – fu in quell’epoca uno dei maggiori autori e interpreti.

Che Thriller possa essere però ascrivile a un singolo genere non è proprio cosa, come sottolineato già dalla critica dell’epoca che riscontrava sì le caratteristiche proprie di più stili ma anche un’energia e una velocità nuove. Impossibile non citare poi su tutti, data menzione del lavoro di Jones, Bruce Swedien e Rod Temperton, anche il contributo offerto in studio da Paul McCartney nel brano The Girl Is Mine, dai Toto in sede strumentale e più nello specifico per Human Nature (rimasta fuori da “Toto IV”), da Eddie Van Halen in Beat It e da Dick Zimmermann, fotografo personale del cantante, autore della celebre copertina del disco.

Un’operazione artistica a tutto tondo: prova né anche il fatto che i tre videoclip tratti da Thriller – complici le pressioni esercitate dall’allora Ceo di Epic/Cbs, Walter Yetnikoff – contribuirono al primo utile trimestrale di Mtv: letteralmente salvata, dal fallimento, dal genio di un musicista nero, quindi non bianco, impossibile da incasellare e proprio per questo consegnatosi, da solo, alla leggenda.

Articolo Precedente

Emma a nudo in un docu-film: “Meglio sbagliare ed essere felici che cattive, frustrate e pronte a giudicare. In mezzo agli altri mi sento a disagio”

next
Articolo Successivo

Pinguini Tattici Nucleari a FqMagazine: “C’è chi ci critica per il nostro tour negli stadi? Lo capiamo. Eravamo spaventati, ma i risultati e i sold out ci sono”

next