Nel 2021, le nuove diagnosi di infezione da Hiv sono state 1.770, pari a 3 nuovi casi per 100.000 residenti. Un’incidenza in calo dal 2012 e che vede il nostro Paese sotto la media dell’Unione Europea (4,3 nuovi casi per 100.000). Ancora in troppi, però, ben il 63%, scopre l’infezione quando questa è già in fase avanzata. È questo il quadro fornito dalla sorveglianza nazionale curato dal Centro Operativo Aids dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss).

Più in dettaglio, nel 2021 (anche se sui dati potrebbe pesare una sotto notifica legata all’effetto pandemia), l’incidenza più elevata di nuove diagnosi è stata nella fascia di età 30-39 anni (7,3 nuovi casi ogni 100.000 residenti), a seguire tra 25 e 29 anni (6,6). In generale, erano maschi il 79,5% dei nuovi diagnosticati. L’età media è, invece, di 42 anni per gli uomini e 41 per le donne. L’85% dei contagi è risultata essere avvenuta attraverso i rapporti sessuali. In particolare gli eterosessuali rappresentano il 44% delle nuove diagnosi effettuate nel 2021, i maschi che fanno sesso con maschi il 39,5%. La trasmissione attraverso l’uso di sostanze stupefacenti ha riguardato solo il 4% dei casi. Si conferma inoltre, una tendenza iniziata dal 2017, ovvero una diminuzione di nuove diagnosi in stranieri (pari al 29%).

Dal 2015 aumenta la quota di persone a cui viene diagnosticato tardivamente l’Hiv. Oltre una persona su 3 con nuova diagnosi scopre di essere Hiv positivo a causa della presenza di sintomi o patologie correlate a Hiv (39,8%). Altri motivi per fare il test sono stati: rapporti sessuali senza preservativo (16,6%), accertamenti per altra patologia (6,9%), iniziative di screening (6,2%). L’incidenza più alta nel 2021 è stata registrata in Lazio, Valle d’Aosta, Toscana ed Emilia-Romagna. Quanto al numero di decessi per Aids rimane stabile ed poco più di 500 casi l’anno. Dal 1982 a oggi sono stati 72.034 i casi di Aids conclamato, di cui 46.874 deceduti entro il 2019. Nel 2021 sono stati diagnosticati 382 nuovi casi di Aids.

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