Alla fine hanno ceduto. Stretti tra l’inchiesta della procura di Torino, i rilievi della Consob e dei revisori di bilancio, i dirigenti della Juventus mollano la presa e si dimettono in massa: via Andrea Agnelli, via il suo vice Pavel Nedved, via con loro Maurizio Arrivabene e tutti gli altri componenti del Consiglio di amministrazione. Come aveva anticipato Ilfattoquotidiano.it lo scorso 25 ottobre quando vennero chiuse le indagini dei pm torinesi, i conti da far approvare agli azionisti – con i fari dei magistrati puntati sulle attuali mosse dei dirigenti e la possibilità di un’imminente richiesta di rinvio a giudizio – sarebbero diventati la vera grana del club bianconero.

La decisione dopo essere finiti in un cul-de-sac – E così è stato, portando prima allo slittamento per due volte dell’assemblea, quindi alle dimissioni maturate al termine di un Cda straordinario alla Continassa, nel corso del quale è maturata anche la decisione di riscrivere il progetto di bilancio chiuso lo scorso giugno dopo aver in tutti i modi negato che le indicazioni dell’autorità di vigilanza sulle società quotate in Borsa avessero un loro fondamento. Si chiude quindi in maniera ingloriosa un ciclo sportivo con ogni probabilità irripetibile. Era iniziato dalle ceneri di un’inchiesta, Calciopoli, che aveva spedito la Juventus in Serie B, ed è finito travolto da una nuova indagine. Inevitabile, visto che la dirigenza si era infilata in un cul-de-sac tra la difesa del proprio operato, le pesanti contestazioni e la necessità di approvare l’ultimo bilancio sul quale si riverberano le scelte al centro degli accertamenti della Guardia di finanza e dei rilievi Consob.

I rilievi dell’autorità di vigilanza e di Deloitte – In una lunga relazione sugli ultimi due bilanci, l’autorità di vigilanza ha puntato il dito sull’operato dei bianconeri analizzando le plusvalenze e, proprio come i pubblici ministeri, contestando anche le manovre stipendi. Queste ultime, ad avviso dell’Autorità, sarebbero state “un mero differimento”, insomma un “pagamento posticipato”. Erano quindi obbligazioni da iscrivere a bilancio, altrimenti quest’ultimo risulterebbe “non conforme”. Un rilievo critico in questo senso era arrivato anche da parte da Deloitte&Touche, revisore dei conti della Juventus, in riferimento alle ultime due chiusure dei conti. Ad avviso di Deloitte, per effetto delle diverse contabilizzazioni, la perdita dell’esercizio chiuso al 30 giugno 2022 e il patrimonio netto al 30 giugno 2022 risultano “sovrastimati” rispettivamente di “61 milioni di euro e di 9 milioni di euro”. La perdita del bilancio chiuso al 30 giugno 2021 risulta invece “sottostimata di 38 milioni”. E invita quindi la società a “effettuare la correzione degli errori”.

Il bilancio verrà corretto – Nell’annunciare il passo indietro del Cda – che proseguirà la propria attività in regime di prorogatio fino al 18 gennaio 2023 – e il conferimento dell’incarico di direttore generale a Maurizio Scanavino, ad del Gruppo Gedi che edita Repubblica e La Stampa, la Juventus ha spiegato di aver preso atto dei rilievi sulle “manovre stipendi” decidendo, per un “approccio maggiormente prudenziale”, di rivedere le “stime” e le “assunzioni” secondo i principi indicati dall’autorità di vigilanza, che “comportano rettifiche” nei bilanci 2020, 2021 e 2022. Quindi gli effetti “saranno riflessi in un nuovo progetto di bilancio di esercizio e in un nuovo bilancio consolidato al 30 giugno 2022″ che verrà approvato in una riunione e poi sottoposto all’assemblea degli azionisti, fissata per il 27 dicembre dopo essere stata rinviata due volte.

Le accuse alla base delle scelte – Contestualmente alla decisione di rivedere i conti in extremis dopo aver in ogni sede difeso i principi contabili applicati, i dirigenti hanno deciso di dimettersi, spiega la società, “considerata la centralità e rilevanza delle questioni legali e tecnico-contabili pendenti”. Accuse dalle quali continueranno a difendersi. A vario titolo, agli indagati nell’inchiesta, vengono contestati i reati di falso nelle comunicazioni sociali per le società quotate, false comunicazioni al mercato, ostacolo alle autorità di vigilanza, aggiotaggio informativo e dichiarazione fraudolenta, derivante dall’uso di fatture per operazioni inesistenti con la conseguente indebita detrazione di Iva.

Chi è indagato – I pm Ciro Santoriello e Mario Bendoni – coordinati dall’aggiunto Marco Gianoglio – hanno iscritto nel registro degli indagati 15 persone, più la società per responsabilità amministrativa, compresi il presidente Agnelli, il vice-presidente Nedved, l’ex direttore sportivo Fabio Paratici, l’avvocato Cesare Gabasio, gli ex dirigenti Marco Re, Stefano Bertola e Stefano Cerrato. Alla chiusura delle indagini, i magistrati hanno avanzato contestazioni anche all’amministratore delegato Arrivabene nonché a tutti i componenti del Consiglio d’amministrazione, al collegio sindacale e all’ex revisore legale. Chiusa l’inchiesta e trascorso il tempo a disposizione delle difese, la procura è ormai prossima a compiere il prossimo passo, quello che potrebbe portare alla richiesta di rinvio a giudizio.

Le plusvalenze “fittizie” – Oltre alle “manovre stipendi”, che la Juve ha ora deciso di correggere nei bilanci, la procura contesta anche altre alterazioni nei risultati negli esercizi 2018, 2019 e 2020. In primis, un “anomalo ricorso” a “operazioni di scambio dei diritti delle prestazioni sportive” di un “elevato numero di atleti”, un modus operandi definito “distonico”. Plusvalenze “fittizie”, insomma. Le operazioni, ad avviso dei finanzieri e dei magistrati, sarebbero state “concluse a valori stabiliti dalle parti in modo arbitrario”. Sul punto, a supporto dell’accusa ci sono delle intercettazioni telefoniche, che presumibilmente (nell’ipotesi degli inquirenti) proverebbero che i valori sono stati volontariamente artefatti per generare un ricavo di natura meramente finanziaria.

L’aggiotaggio e il libro ‘nero’ – Il tutto, sempre secondo l’accusa, con l’obiettivo di generare plusvalenze, pari a 155 milioni di euro, utili a ‘imbellettare’ il bilancio. Le “importanti differenze” tra i risultati di bilancio “così come approvati” e quelli che, secondo la procura supportata dalle analisi del suo consulente tecnico, “avrebbero dovuto essere oggetto di approvazione” hanno invece portato alla contestazione dell’aggiotaggio informativo, perché la Juventus è quotata nel mercato telematico azionario Euronext Milan. A supporto dell’accusa, oltre ai dialoghi intercettati e alle scritture private ritrovate nel corso delle perquisizioni, ci sono anche gli appunti – una specie di ‘libro nero’ – dell’attuale ds Federico Cherubini sulla gestione del suo predecessore Paratici: oltre alla ‘censura’ del modus operandi, contengono anche un passaggio chiave per una parte dell’inchiesta, quella relativa alle operazioni a specchio sui calciatori, definite plusvalenze “artificiali”, che portano “beneficio immediato” e “carico ammortamenti”.

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