di Federica Pistono*

Il 27 ottobre scorso si è spento Bahaa Taher, uno dei più rinomati scrittori egiziani contemporanei. Nato nei pressi del Cairo nel 1935, negli anni Settanta si è trasferito in Svizzera per lavorare come traduttore presso le Nazioni Unite, per poi tornare in Egitto nel 1995. Appartiene al cosiddetto gruppo “Generazione degli anni ‘60”, ed è stato autore di opere teatrali, racconti e romanzi tradotti in molte lingue, testi insigniti di diversi e importanti riconoscimenti tra i quali, in Italia, il premio “Giuseppe Acerbi” nel 2001 per il romanzo Zia Safia e il monastero. Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati nelle antologie Scrittori Arabi del Novecento (Bompiani, 2002), L’altro Mediterraneo (Mondadori, 2004), Fuori dagli argini (Edizioni Lavoro, 2003), e Figli del Nilo. Undici scrittori egiziani si raccontano (Mesogea, 2006). Nel 2008 ha vinto il prestigioso Arabic Booker Prize con L’oasi del tramonto.

Bahaa Taher ha raggiunto fama internazionale con il romanzo Zia Safia e il monastero (Jouvence, 1993, trad. G. Margherita), ambientato nell’Alto Egitto, nel periodo successivo alla Guerra dei sei giorni, vissuta come un trauma nell’intero mondo arabo. Il racconto affronta coraggiosamente il tema dei rapporti interconfessionali in Egitto. La storia ruota, infatti, intorno a un monastero copto alle porte di un villaggio rurale abitato da musulmani, in un intreccio avvincente, intriso di nostalgia, in cui lo scrittore rivisita i propri ricordi di bambino e adolescente. All’improvviso, il villaggio, in cui da secoli Cristianesimo e Islam convivono pacificamente, è colpito da una tragedia che divide gli animi, suscitando un’ondata di odio. L’opera è soprattutto un inno alla libertà, un invito al dialogo interculturale e interreligioso.

Il secondo romanzo dell’autore, Amore in esilio (Ilisso, 2008, trad. P. Viviani), raccontando una travolgente storia d’amore, rispecchia la vita di tanti intellettuali arabi in Europa. Il protagonista, infatti, è un giornalista egiziano di fede nasseriana che, dopo aver lasciato la patria per motivi personali e lavorativi, si è trasferito in un imprecisato paese europeo, dove continua a collaborare con il quotidiano cairota per il quale scrive da sempre.

L’obiettivo di Taher è quello di tratteggiare il ritratto di un intellettuale di sinistra, tradito e deluso dalla politica di Nassar, poi da quella del successore al-Sadat. Mentre riflette sul suo passato, sulle recenti vicende del suo paese, sull’esilio e sulle disillusioni politiche e sentimentali, il protagonista di mezza età vive un’inattesa storia d’amore con una giovane donna austriaca, una passione intensa che sembra schiudere all’uomo le porte di un futuro felice. Ma i terribili avvenimenti della guerra civile libanese e, in particolare, le notizie sui massacri di Sabra e Chatila travolgono ancora una volta la sua vita.

L’ultimo romanzo di Taher, L’oasi del tramonto (Cicorivolta, 2012, trad. F. Pistono), narra la storia, ambientata negli ultimi anni del XIX secolo, di un ufficiale egiziano, il maggiore Mahmud ʿAbd al-Zahir, nominato Governatore dell’Oasi di Siwa, abitata da tribù ribelli al governo centrale. Dopo un periglioso viaggio attraverso il deserto, il protagonista raggiunge l’oasi con la moglie irlandese Catherine, e subito la coppia deve affrontare gravi difficoltà, circondata da un’invalicabile barriera di ostilità che la isola dagli abitanti del luogo. Duramente messo alla prova dalle avversità e dall’isolamento, il matrimonio di Mahmud e Catherine entra in crisi, mentre il Governatore è costantemente minacciato di morte. Il meccanismo della tragedia è innescato e sembra procedere, inarrestabile, verso la catastrofe. Il protagonista è l’archetipo dell’uomo sconfitto dagli eventi e dalle circostanze. Come altri personaggi di Bahaa Taher, anche Mahmud è un perdente, un uomo che non riesce ad accedere alla pace del cuore, che non sa venire a patti con il mondo, intrappolato nel suo universo interiore dal quale non trova scampo né rifugio. Resta dunque un personaggio “irrisolto”, tormentato dai propri fantasmi.

Tutti i romanzi di Bahaa Taher sono contraddistinti dalla caratterizzazione dei protagonisti, condotta dall’autore con rara profondità, in modo diretto e immediato. In ogni romanzo, lo scrittore crea una vasta galleria di eroi e antieroi, di personaggi frustrati dall’inefficacia della lotta contro una società cinica e disertata dall’amore. Dal punto di vista formale, le opere dell’autore si caratterizzano per il ricorso al dialetto nei dialoghi, mentre il racconto, come pure le riflessioni dell’io narrante, sono espressi nella lingua araba classica.

* Dottore di Ricerca in Letteratura araba, traduttrice, arabista, docente, si occupa di narrativa araba contemporanea e di traduzione in italiano di letteratura araba

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