“Non chiederò a nessuna corrente di sostenermi né vorrò il sostegno di qualsivoglia corrente. Non possiamo più permetterci di selezionare le classi dirigenti attraverso le correnti, basta“. Nel discorso con cui ha lanciato la propria corsa alla segreteria del Pd, Stefano Bonaccini ha individuato un nemico ben preciso: i gruppi interni al partito che dovrebbero rappresentarne le diverse aree culturali (salvo poi occuparsi soprattutto di gestione di incarichi e potere). “Io non mi sono mai iscritto ad una corrente e lo voglio dire ai più giovani: si vive benissimo lo stesso, direi anche meglio. Credetemi, è anche l’unico modo per essere davvero una comunità. Altrimenti perché un volontario dovrebbe montare una festa dell’Unità, fare volantinaggio o partecipare a una manifestazione?”, ha incalzato il governatore dell’Emilia-Romagna parlando al circolo della sua Campogalliano, nel Modenese. Una tirata da homo novus, dagli accenti quasi grillini, che però finge di ignorare un dato di fatto: lungi dall’essere “anti-sistema” ed espressione della base, la candidatura Bonaccini ma è l’obiettivo a cui lavora da anni proprio una delle vituperate correnti. E cioè Base riformista, il gruppo che raccoglie i seguaci da Matteo Renzi rimasti nelle file dem, i cui esponenti più in vista sono gli ex ministri Lorenzo Guerini e Luca Lotti (rumorosamente escluso dalle liste per le scorse elezioni per scelta di Enrico Letta).

A tacer d’altro, basterebbe notare che tra il pubblico di Campogalliano – location scelta per comunicare l’idea di partito del territorio – c’erano due “militanti” non proprio di primo pelo. Uno è Graziano Delrio, ex sindaco di Reggio Emilia, per tre anni capogruppo, due volte ministro e potentissimo uomo-ombra di Renzi ai tempi del suo governo. Da qualche mese ha abbandonato il progetto di consolidare la sua area personale (“Comunità democratica”) per avvicinarsi, insieme a Debora Serracchiani, proprio alla corrente di Guerini. Poi c’era il governatore della Toscana Eugenio Giani, un altro “riformista” di lunga data che da sempre gravita in area renziana. Il suo è stato il primissimo endorsement pubblico alla corsa di Bonaccini: “Una leadership conquistata sul campo tra i cittadini, vincendo più volte contro la destra grazie alla concretezza dei programmi. Forza Stefano, sono con te!”. Poco dopo esce l’ex capogruppo al Senato Andrea Marcucci, un’altra vittima eccellente delle elezioni, da sempre ritenuto – insieme a Lotti – la quinta colonna renziana nel partito: “Ottimo il discorso della candidatura di Stefano Bonaccini. Vocazione maggioritaria, pluralismo interno ma argine alle correnti, nuovo gruppo dirigente con i sindaci: le condizioni per il rilancio del Pd. Il presidente della Regione Emilia-Romagna si è indubbiamente posizionato al centro della scena“. Detto da un volto-simbolo del correntismo, è un bell’attestato di stima. Infine ecco Alessia Morani, anche lei di Base riformista, anche lei fatta fuori da Letta: “Quella voce rotta dall’emozione, quel “servono anche i sogni” e quel “andiamoci a riprendere il nostro spazio”. Rimettiamoci in cammino con Stefano Bonaccini”, twitta commossa.

Insomma, più che dalla base, dai giovani o dagli amministratori in prima linea, le prime reazioni entusiaste all’idea di Bonaccini segretario arrivano tutte – e soltanto – da ex colonnelli renziani in cerca di rivalsa. D’altra parte è lo stesso Renzi ad aver visto per primo le potenzialità del politico modenese, candidandolo per la presidenza della Regione dopo lo scandalo giudiziario che portò alle dimissioni di Vasco Errani. Tra i due la corrispondenza d’amorosi sensi non è mai cessata: quest’estate il leader di Iv suggerì a Letta di scegliere Bonaccini come candidato premier, mentre lui in cambio lo definì “un amico“. Adesso però l’obiettivo dell’aspirante segretario è farsi percepire come indipendente dall’area politica che lo ha sostenuto finora, a costo di esagerare persino un po’. E infatti, nemmeno quattro ore dopo aver lanciato anatemi contro le correnti, va in tv da Lucia Annunziata e aggiusta i toni: “Le correnti in sé non sono per forza un male, ma negli ultimi anni sono diventate più un elemento di presenza territoriale per delle classi dirigenti che per fedeltà arrivavano anche in Parlamento. Il tema non è la guerra alle correnti, ma essere liberi di poter esprimere le proprie idee”. Quanto Bonaccini riuscirà a smarcarsi si capirà nel percorso che porterà al congresso, e in particolare dalla composizione delle liste di candidati all’assemblea nazionale che lo sosterranno. Saranno piene di forze fresche o di “riformisti” in cerca di nuova gloria?

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