Una “agenda nuova” per riprendersi il centrosinistra, perché “non vogliamo delegare al M5s di rappresentare la sinistra e ad Azione-Italia Viva i moderati”. Insomma: “Questo spazio ora ce lo andiamo a riprendere noi”. Insieme alle altre opposizioni, però, perché divisi non si vince. Con un gruppo dirigente nuovo, che ritiene necessario insieme alla fine del correntismo. Stefano Bonaccini si candida alla segreteria del Pd e sceglie un luogo simbolo, il suo circolo di Campogalliano e davanti a Graziano Delrio ed Eugenio Giani, per tracciare la rotta della sua partecipazione in prima fila al congresso dem che si concluderà con le primarie previste il 19 febbraio. Tra le avversarie quasi certe l’ex ministra Paola De Micheli e la sua ex vice presidente in Regione Elly Schlein.

Bonaccini non ha risparmiato parole dure nei confronti di ciò che il Partito Democratico è diventato negli ultimi anni. Chiede un “partito da combattimento” e la capacità di saper trasformare i “nostri valori giusti” in “proposte concrete”. E ribadisce la necessità di saperle comunicare. Insomma, condanna il gruppo dirigente che ha gestito il partito e sostiene di volerne costruire uno nuovo, sul territorio: “Dobbiamo valorizzarlo di più per avere più credibilità”, scandisce. Avvisando che “abbiamo avanti 5 anni di opposizione”, una “traversata nel deserto” la chiama, e che questo tempo va impiegato per “costruire un Pd che vince”. In altri termini: “Non possiamo affondare sotto i colpi della destra e delle altre opposizioni che stanno tentando di dilaniarci. Quello che dobbiamo fare lo decidiamo noi”.

Il Pd, è stato il ragionamento di Bonaccini, è “necessario per la stessa qualità democratica del Paese, rappresentando ideali e valori alternativi alle posizioni più conservatrici e alle derive populiste o sovraniste”. E in questo momento, avverte, “in gioco per la prima volta da quando è nato c’è la vita stessa del nostro partito”. Anche per questo “non basterà un congresso”. Il vero “compito” è “far tornare a essere il Pd un grande partito popolare, radicato nella società, a vocazione maggioritaria, perno di un nuovo centrosinistra capace di battere la destra nelle urne alle prossime elezioni”. La funziona di “perno” deve attrarre tutte le opposizioni, chiarisce poi ospite di Mezz’ora in più: “Dobbiamo metterci in cammino per costruire una grande forza più radicata, popolare e progressista e poi costruire un nuovo campo di alleanze, perché poi alla prova dei fatti, e questo credo che valga sia per il Movimento 5 stelle sia per il Terzo polo, se andiamo divisi si perde”, ha chiarito ospite di Lucia Annunziata.

Un partito quindi che “vince nelle urne e non governa per alchimie nate in Parlamento”, aveva già chiarito nel suo circolo. La stagione “in cui si sta al governo, anche se non si vince, è finita”, avverte sottolineando che “l’abbiamo anche pagata”. La ricostruzione passa anche dal “saper comunicare la propria identità” alle persone: “Dobbiamo ritrovare anche la semplicità del messaggio e del linguaggio per dire chi siamo, chi vogliamo rappresentare, quale idea di società abbiamo”. Un militante di destra o del M5s, fa autocritica Bonaccini, “impiega dieci secondi, a noi a volte non bastano 20 minuti”. Ed elenca le priorità, in questo senso: sanità pubblica, scuola, servizi per l’infanzia, diritti delle donne, accoglienza, lavoro, ambiente e Mezzogiorno. Quindi, chiedendo un “partito da combattimento”, non lesina critiche a chi ha guidato il Pd negli ultimi anni: “A me ha fatto una certa impressione vedere tutti i dirigenti di primo piano del nostro partito candidati nei listini e mai nei collegi uninominali, dove i voti devi andarli a strappare uno a uno per vincere”.

Ne fa una questione di “credibilità”, Bonaccini, e critica il meccanismo delle correnti: “Non chiederò a nessuna corrente di sostenermi né vorrò il sostegno di qualsivoglia corrente”, ha annunciato. “Io – ha ribadito in un altro passaggio – non mi sono mai iscritto ad una corrente e lo voglio dire ai più giovani: si vive benissimo lo stesso, direi anche meglio”. Di più: “È anche l’unico modo per essere davvero una comunità. Altrimenti perché un volontario dovrebbe montare una Festa de l’Unità, fare volantinaggio o partecipare a una manifestazione?”. Per un “cambiamento profondo” che “arrivi ai cittadini”, insomma, anche “la classe dirigente deve essere rinnovata”.

Il modo? “Tornando all’antico: non possiamo più permetterci di selezionare le classi dirigenti attraverso le correnti. Né di organizzare il partito stesso e il suo funzionamento attraverso le correnti. Né di fare le candidature per correnti”. Un meccanismo che “non funziona, perché non seleziona il merito ma la fedeltà”. E lascia intendere in maniera chiara qual è, a suo avviso, la strada da seguire: “Chiederò una mano particolare a sindaci, amministratori locali, al gruppo dirigente diffuso sul territorio, ai tanti segretari di circolo che per pura passione e spirito di servizio dedicano intere giornate della loro vita per tenere insieme comunità e militanti”. Serve, in altri termini, “un Pd più popolare, mai populista ma che sappia stare in mezzo alle persone”. Perché, sostiene Bonaccini, “si può perdere ma l’importante è non perdersi mai”.

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Pd, Bonaccini si candida alla segreteria: “Non avrò il sostegno del gruppo dirigente nazionale. Dico basta alle correnti”

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