La notizia del liceo Morgagni di Roma, che ha avviato la sperimentazione di una scuola senza voti (suscitando per questo l’interesse dell’università La Sapienza), ci racconta di un’epoca – la nostra – in cui si vuole portare a compimento l’ormai decennale operazione di istupidimento di un’intera popolazione, nonché di allevamento di docili robot.

Ma procediamo con ordine. La scuola pubblica nacque, in Europa, alla fine dell’Ottocento. Rappresentò certamente un grande passo verso l’uguaglianza e la democrazia, poiché fino a quel momento si erano potuti istruire soltanto i figli delle famiglie ricche, quelle che riuscivano a permettersi un precettore privato in casa. Contro l’istituzione della scuola pubblica si scagliarono celebri pensatori del liberalismo conservatore e, naturalmente, della corrente reazionaria. Le parole più chiare, come sempre, le espresse Nietzsche, pronto a chiedersi polemicamente: “Perché lo Stato ha bisogno di quel numero esorbitante di scuole e insegnanti? A che scopo questa istruzione popolare e questo illuminismo popolare?”. L’ideale, piuttosto – aggiungeva il filosofo – sarebbe “costituire in ceto”, cioè in una sorta di mega classe priva di mobilità sociale, “una specie di uomini modesta e paga di sé, di tipo cinese”.

Insomma: non si può educare come un “signore” chi è destinato a svolgere il ruolo sociale di “schiavo”.

Naturalmente la Storia è andata avanti malgrado l’opposizione di coloro che volevano fermarne le lancette. Con tutti i limiti, certo, anche dovuti ai più recenti tagli indiscriminati e alle riforme sciagurate o inesistenti, l’istruzione pubblica si è rivelata come lo strumento più efficace per diffondere il sapere in maniera equanime tra la popolazione e per garantire la mobilità sociale (che altro non vuol dire se non la valorizzazione dell’impegno e del merito da parte dei singoli individui, a prescindere dalla condizione della famiglia di provenienza).

Certo, da alcuni decenni le cose sono andate gradualmente peggiorando, per una serie di fattori impossibile da riassumere qui, se non sotto forma di elenco: la comparsa della televisione commerciale (col carico di spazzatura al seguito); i tagli governativi indiscriminati (sull’istruzione come sulla sanità); le riforme sciagurate o assenti che hanno trasformato scuole e università in “diplomifici” e “laureifici” secondo criteri esclusivamente commerciali e non certo di valore; infine la comparsa della Rete, vero e proprio controaltare della Scuola, da cui ormai ragazzi ma anche adulti ritengono di attingere la stragrande parte dell’informazione e perfino della conoscenza.

Questa degradazione graduale ma costante dell’istruzione pubblica ha prodotto effetti che sono sotto gli occhi di tutti: classi dirigenti e politiche spesso imbarazzanti (è di oggi la notizia di un sottosegretario alla Sanità che mette in dubbio l’uso dei vaccini…), ceto intellettuale pressoché assente dal dibattito pubblico se non sotto forma di finti battibecchi o polemiche costruite ad arte a beneficio dello spettacolo; artisti e scrittori che producono perlopiù immondizia e che vengono beneficiati da spazi autorevoli sulla base della loro capacità di apparire o di saper fare comunicazione; un’opinione pubblica largamente degradata, non solo pronta a seguire l’imbonitore di turno, ma ormai piombata nella spirale dell’anti-scienza e della superstizione a cui fornire credito. Insomma: un disastro socioculturale, a cui aggiungere la lobotomizzazione di massa inferta a giovani e giovanissimi, che alla maniera di docili robot ripetono tutti le stesse identiche azioni, affamati di selfie, di like e di uno stare costantemente in mostra nella vetrina online, mentre si frantumano i vetri della vita reale.

E ora questa proposta scellerata di una scuola senza voti. Apparentemente rivolta alla salute dei ragazzi, si rivela come il colpo di grazia alla formazione delle nuove generazioni. Con quasi il 100% di diplomi e lauree concessi agli studenti, infatti, il sistema della votazione è rimasto l’unico a segnalare chi merita ed emerge dalla massa. Conservatori e reazionari di fine Ottocento accusavano la Scuola di uccidere genio e talento. Oggi si mira direttamente a non produrli, a mortificare ogni possibilità di scelta da parte dei ragazzi di voler distinguersi dal gregge lobotomizzato. Tanto i figli dei ricchi possono andare nelle prestigiose scuole e università all’estero…

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