Un razzo ucraino, uno “sfortunato” incidente, dunque. Così le stesse autorità polacche chiudono l’improvvisa falla su cui da martedì pomeriggio hanno preso a ballare i destini del mondo, aperta dai resti di missile caduti in Polonia spezzando due vite. Ancora stamattina Mosca parlava di provocazione di Kiev, l’Ucraina punta il dito contro Mosca. Col passare delle ore emerge la verità più probabile e rassicurante, ma quella spaccata di biliardo sul cielo di un’area agricola di confine, mai avvenuta prima, “è un pessimo segnale”, dice Tiziano Ciocchetti, responsabile Mondo Militare di Difesa Online.

Partiamo dal missile, chi ha sparato?
L’idea che mi sono fatto è questa. I russi hanno cominciato a bombardare in maniera massiccia i centri energetici ucraini. Nel corso di questi bombardamenti sono utilizzati non solo razzi ma missili Kh101 subsonici che vengono facilmente intercettati da un sistema come l’S300. Uno di questi sistemi, colpendo un missile, probabilmente è finito in territorio polacco.

E’ imprudente da parte di Mosca lanciare missili così vicini al confine?
Stiamo parlando di sistemi missilistici a gittate elevatissime, sia offensivi che difensivi. Citavo il Kh101 che ha una gittata di 2500 chilometri, sia l’S300 che ha una capacità di ingaggio di 400 chilometri. Sono sistemi così sofisticati e potenti che le distanze sono relative, è un attimo che arrivino all’area di confine, anche quando sta a 500 chilometri chilometri di distanza. Parliamo di missili che viaggiano anche a 500 chilometri l’ora (in sessanta secondi fanno otto chilometri, ndr).

Per ore ha prevalso la lettura “dietrologica” della provocazione intenzionale, da una parte e dall’altra. Ha delle basi?
Sicuramente Kiev ha tutto l’interesse perché il livello della tensione rimanga sempre alto. Sul fatto che possa mettere in atto azioni volute che spingano l’Alleanza a un intervento sempre più massiccio nel conflitto è plausibile, ma non mi sembra uno di questi. In passato ce ne sono stati altri, ma l’Alleanza sa benissimo che più di così non può fare. I russi non hanno alcun interesse a bombardare la Polonia, tanto che hanno sempre prestato molta attenzione a non colpire vicino al confine.

Potrebbe essere stato un errore?
Sanno che attacchi in area Nato innescherebbero conseguenze pesantissime. E non si azzardano, neppur sapendo perfettamente che molti dei rifornimenti per gli ucraini arrivano proprio dal confine polacco. Colpirli per loro sarebbe anche un interesse strategico colpire le linee di approvvigionamento, ma non lo hanno fatto. Anche per queste ragioni, da subito mi sono sentito di escludere l’intenzionalità in favore della casualità. Purtroppo sono morte due persone, ma i danni collaterali sono stati minimi. Questa è secondo me la situazione tattica sul terreno.

Cosa pensa delle reazioni, la riunione d’emergenza per la linea comune?
Per quanto riguarda la protesta polacca o la richiesta al segretario dell’Alleanza Atlantica Stoltenberg di attivare l’articolo 4 per “verificare la situazione” va benissimo: l’art. 5 è improponibile perché già a i tempi della Guerra Fredda non garantiva alcuna sicurezza ai membri dell’Alleanza perché lasciava alle singole nazioni qualunque tipo di decisione da attuare qualora uno degli stati venisse attaccato. Non ha alcuna ragion d’essere.

Questo episodio ha significato sul piano politico oltre che militare, quale?
Direi più politico, proprio perché escludo l’intenzionalità. L’Ucraina è circondata da Paesi Nato, così come la Russia, a parte l’Ucraina. E’ ovvio che qualora si dovessero svolgere attività militari nelle vicinanze dei confini può succedere che si verifichi uno sconfinamento accidentale, è un fatto oggettivo. Ma il punto è sempre lo stesso, lo stallo dei negoziati.

Quanto può durare?
Parliamoci chiaro, la guerra la stanno alimentando gli inglesi in misura minore e gli Americani, noi europei continentali più di quello che abbiamo fatto non possiamo. Poco tempo fa le Forze armate tedesche denunciavano il fatto che non avevano più armamenti da inviare. Se non li hanno loro, si figuri noi. Per quanto riguarda la conduzione generale delle operazioni è ovvio che più passa il tempo e più cominciano a emergere anche in ambito militare, dunque al Pentagono, voci autorevoli che dicono “forse sarebbe il caso di interrompere questo tipo di aiuti e intavolare trattative serie”.

Perché non avviene?
Nessuna nazione ha presentato una serie di punti e piani per portare le due parti a un vero tavolo di trattativa, credibile al punto da sospendere l’uso delle armi. Quello che ha appena presentato Zelensky è ovviamente inaccettabile per Mosca, per questo ci deve essere un mediatore super partes che all’orizzonte non c’è.

La non-sconfitta di Biden è garanzia di continuità degli aiuti Usa?
La strategia americana non si modifica all’improvviso in base ai risultati delle elezioni, quello succede nei Paesi piccoli, come il nostro, senza strategie. Le grandi potenze, specie l’unica “superpotenza”, è impermeabile a questi mutamenti repentini che per altro non ci sono stati, perché il Senato, ancorché di misura, è controllato dai democratici. Gli americani continuano con le forniture e l’assistenza militare indiretta che hanno dato finora ma bisognerà vedere anche gli effetti, i mutamenti sul campo: se i russi cominciano a impegnarsi sempre di più in una guerra su larga scala, utilizzando bombardamenti più massicci dal punto di vista dello strike missilistico, piuttosto che nell’uso dell’artiglieria, sicuramente gli americani modificheranno anche la loro.

La liberazione di aree occupate viene salutata come una vittoria
Il fatto che i russi si ritirino da Kherson non significa necessariamente che stiano perdendo. Sicuramente è un segno di difficoltà in cui versano le forze di Putin, mie fonti riferiscono che stiano richiamando anche personale senza esperienza militare, avrebbero arruolato addirittura un critico d’arte. Può essere indicativo del fatto che non sono messi a buon partito, ma da qui a dire che stanno perdendo no. Soprattutto perché l’obiettivo è l’occupazione del Donbass cui i russi non rinunceranno, e gli ucraini non li cacceranno a meno che la Nato non entri in gioco in maniera diretta. Ma la Nato vuol dire gli americani, gli inglesi.

Un altro “incidente” può cambiare le cose?
A mio giudizio no, nel senso che l’obiettivo degli americani non è fare una guerra aperta ai russi. Stanno testando determinati “asset” per verificarne la fattibilità, in un futuro a medio termine, di una competizione a livello globale coi cinesi, perché loro sono il nemico. Il vero confronto sarà nel Pacifico tra qualche anno tra le forze angloamericane (compresi neozelandesi, australiani e canadesi coi loro alleati India, Giappone e Corea del Sud) contro la Cina. Per assicurarsi l’egemonia mondiale, che ancora non è minacciata ma in un futuro vicino potrebbe esserlo, ma dalla Cina. La Russia al momento non rappresenta una minaccia all’egemonia mondiale degli americani. Non la rappresentava quando c’era l’Urss, figuriamoci adesso.

E allora perché tanto impegno su questo fronte orientale?
Gli americani per la prima volta da 70 anni, dalla guerra di Corea, si stanno confrontando con un attore statuale di alto profilo, anche se in maniera indiretta. Non hanno alcuna intenzione di farsi coinvolgere nel conflitto in maniera diretta. Queste motivazioni di fondo, di ordine strategico e di lungo orizzonte, si combinano con i limite della posizione di Zelensky: oltre quello che riceve può chiedere ma non può avere. Non c’è uno step successivo, quello dopo sono i soldati sul campo, che per altro già ci sono come specialisti, parecchie migliaia di soldati. Gli Usa non possono certo dargli sommergibili classe Ohio.

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