di Gianluigi Perrone*

Che ci è andato a fare Olaf Scholz in Cina? Proprio adesso? Così, senza preavviso. La visita del cancelliere tedesco a Pechino risulta come un sonoro schiaffone contro l’amministrazione americana impegnata nelle traballanti elezioni di mezzo termine. E già da tempo critica, nei confronti di Berlino per via dei rapporti con la Cina, contro la Commissione europea e la connazionale Ursula Von Der Leyen che ha spesso insistito nel tenere in riga uno Scholz sempre dubbioso nei confronti della politica delle sanzioni verso l’Est, contro Emmanuel Macron che se la vede decisamente molto peggio del suo corrispettivo tedesco, circondato da forze che non sembrano poter rimanere in equilibrio.

L’azione di Scholz suona chiaramente come uno statement. “Non rinunceremo più ai nostri interessi economici e al nostro piano di sviluppo per via di beghe che non ci riguardano”. Questo pensiero sembra essere confermato dai fatti, dall’acquisizione della cinese Cosco del quasi 25% del porto di Amburgo, che vuol dire che non sarà possibile mai, neanche attraverso sanzioni, fermare l’import-export tra i due paesi. Inoltre Scholz ha autorizzato la vendita di Elmos, produttrice di semiconduttori, alla cinese Silex, quindi esattamente il contrario di tutto ciò che vorrebbero Nancy Pelosi e compagnia danzante.

La Germania ha una presenza massiccia e attiva in Cina. Secondo i dirigenti della Mercedes Benz, che stanno ancora sudando per riportare il numero dei dirigenti tecnici tedeschi in Cina a un numero utile visto che ci sono 45 posizioni vacanti, la sopravvivenza stessa della qualità del brand dipende dal rapporto con la Cina. Sembra proprio che nessuno in Germania si aspettasse un’escalation di rottura dei rapporti diplomatici tra Occidente ed Est e la dipendenza economica rivela un punto di non ritorno, non solo nella questione gas.

Scholz ha infatti visitato Pechino senza fare alcuna quarantena, essendo anche lui unto dal Signore, insieme a executives delle principali aziende tedesche (Volkswagen, Bmw, Deutsch Bark, Bayer etc.), probabilmente allo scopo di assicurarsi una promessa di rispetto reciproco da Xi Jinping. Infatti, nel caso la questione Taiwan dovesse diventare ufficiale, Pechino potrebbe decidere di confiscare tutti i beni stranieri in Cina, un rischio che si tradurrebbe in una catastrofe economica per tutti, persino per gli Stati Uniti.

Scholz è stato sepolto da critiche sia in Germania che in Cina, dove 186 dissidenti intellettuali hanno firmato una petizione per chiedere a Scholz di non visitare in questo momento la Cina: una scelta che per l’europarlamentare dei verdi Reinhard Butikofer, leader dell’Ipac in visita negli stessi giorni a Taiwan, è la più controversa degli ultimi 50 anni. È chiaro che ci sono forze inconciliabili anche in Germania che tirano la propria coperta di alleanze estere in diverse direzioni.

Apparentemente il piano di Scholz è rendere impossibile staccarsi dalla Cina per la Germania, per non trovarsi nella situazione avvenuta recentemente con la Russia in cui ha dovuto ritrattare le sue posizioni. Forzando la mano, Scholz non solo potrebbe assicurarsi neutralità forzata in un eventuale conflitto Usa-Cina via Giappone e Taiwan, ma potrebbe azzardare anche l’acquisto di gas dalla Cina, quello stesso gas che ai cinesi viene venduto a un prezzo stracciato dalla Russia e che per il progetto Nord Stream la Germania considera spettare a sé.

*CEO Polyhedron VR Studio

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