“Non possiamo lasciare la patente di progressista a nessuno, tanto meno a chi ha firmato i decreti Salvini. I progressisti siamo noi!”. Non difetta di pathos Alessio D’Amato, assessore alla Sanità del Lazio, che ha presentato ufficialmente la sua candidatura alle regionali rifilando una stilettata a Giuseppe Conte. L’M5S, infatti, al momento si guarda bene dal sostenerlo, ma lui non se ne cura, dato che può contare sull’appoggio del suo partito, il Pd, e di Matteo Renzi e Carlo Calenda. Poi forse arriveranno anche Fratoianni e Bonelli, che ancora nicchiano.

Di fronte al temporeggiare di molti l’assessore, molto stimato per la sua lotta al Covid, ha lanciato il cuore oltre l’ostacolo: io mi candido, e chi mi vuol seguire mi segua. In realtà si è trattato di una forzatura proprio nei confronti del suo partito che continuava a cincischiare. Mentre D’Amato si è mosso bene già dalla scorsa estate, costruendo un rapporto con Calenda, presente all’appuntamento al Teatro Brancaccio di Roma, mentre per Italia Viva c’era Maria Elena Boschi. Già in piena pandemia l’assessore aveva fatto intuire di voler essere lui l’erede naturale di Nicola Zingaretti e, anzi, si era pure molto crucciato quando dal suo partito arrivavano indicazioni contraddittorie se non addirittura di segno opposto. Così ha deciso di fare da solo, con la sponda di Calenda, sperando che poi i dem si sarebbero accodati. E così è successo, salvo sorprese dell’ultima ora. Una mossa, tra l’altro, che mette i terzisti al centro della scena: a Milano con la scelta di sostenere Letizia Moratti e nel Lazio D’Amato, i due assessori alla Sanità protagonisti nella lotta al Covid. Ma le similitudini finiscono qui, perché poi i personaggi in questione non potrebbero essere più diversi: Moratti fino a ieri l’altro era una colonna del centrodestra, mentre D’Amato è uno cresciuto a pane e sezioni del Pci-Pds.

In prima fila molti dem: Francesco Boccia, Marianna Madia, Monica Cirinnà e il marito Esterino Montino, Luigi Zanda, Valter Verini. Pure Livia Turco e Matteo Orfini. E Marco Meloni, coordinatore della segreteria di Enrico Letta, ha dare la benedizione del vertice del Nazareno. In prima fila anche il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. Spunta poi, quasi nascosto, Albino Ruberti, l’ex capo di gabinetto del sindaco costretto a dimettersi la scorsa estate per la nota vicenda delle minacce e degli insulti a due ristoratori.

C’è molta campagna anti Covid nella presentazione, che è un po’ il suo biglietto da visita: sul palco parlano medici, chirurghi, docenti di medicina. “Con 14 milioni di somministrazioni di vaccini siamo diventati un modello in Italia e in Europa. La nostra è stata la resilienza di un sistema e di un’intera comunità. Ora tutto questo lavoro non deve andare sprecato. Anche per questo non possiamo regalare la regione alla destra”, afferma D’Amato dal palco. Poco prima un gruppo di precari aveva interrotto l’appuntamento urlando slogan, lanciando volantini e srotolando uno striscione. E lui nel suo intervento ci torna sopra. “Io sono un combattente, accetterò sempre il confronto, ma mai la prepotenza…”.

L’arte oratoria forse non è il suo punto di forza, ma ci mette molto pathos, spiegando come la sinistra debba “recuperare l’orgoglio di appartenenza” e “mettere in campo un’agenda riformista”, perché qui più che altrove “va rimesso in moto l’ascensore sociale”. Il Brancaccio è pieno ed è tutto per lui. La sensazione, però, è che il Pd avrebbe voluto ragionarci ancora un po’ e invece, grazie alla sponda di D’Amato coi renziani e i calendiani, si sia trovato davanti al fatto compiuto e abbia dovuto abbozzare. Come si fa, del resto, ad affossare la candidatura di un esponente di peso del proprio partito? L’investitura ufficiale arriverà martedì prossimo dall’assemblea regionale del Pd. Poi sarà l’alleanza nel suo complesso a decidere se fare o meno primarie di coalizione. “Se vorranno le primarie, io ci sono”, sostiene l’assessore, mentre Calenda è contrario. “Per me sono inutili, abbiamo già un ottimo candidato”, dice il leader di Azione. “Il nostro nome è D’Amato”, afferma il segretario regionale dem Bruno Astorre. “Credo che ormai la rotta sia segnata, si va in questa direzione”, osserva soddisfatto Matteo Orfini. Alla fine l’abbraccio con Gualtieri. “D’Amato è stato un assessore straordinario e sarà un ottimo presidente”, è l’augurio del sindaco. Dall’altra parte, a destra, il candidato ancora non c’è.

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