Se in Lombardia il sedicente Terzo Polo fa sventolare il nome di Letizia Moratti per tentare di rompere il fronte del Pd e del centrosinistra (al momento con poca fortuna), nel Lazio Carlo Calenda tenta direttamente la carta di un esponente democratico: l’assessore alla Salute Alessio D’Amato. Naturalmente in entrambi casi, secondo la “ricetta per la vittoria” del leader di Azione, il M5s non deve far parte della coalizione. I toni sono sempre quelli del “prendere o lasciare”: “Il campo largo non è mai esistito – twitta – Peraltro i 5S, che si oppongono al termovalorizzatore e ad ogni infrastruttura nel Lazio, non lo vogliono fare. Abbiamo proposto al Pd di convergere su un nome loro non nostro: Alessio D’Amato. Aspettiamo risposta”. La risposta ufficialmente non è ancora arrivata, ma fonti del Partito democratico hanno spiegato al termine di una riunione sul tema al Nazareno che la linea è quella di replicare la coalizione larga che ha sostenuto finora il presidente Nicola Zingaretti, nella cui giunta c’è anche Roberta Lombardi, dei 5 Stelle. E proprio con loro il partito vorrebbe condividere il nome del candidato presidente, non escludendo dunque la possibilità di un candidato civico. “Lazio e Lombardia non sono accomunate da un unico destino, decidono i territori” dicono le stesse fonti del Pd. E il senso della replica a Calenda è che “chi si sottrarrà all’alleanza si prenderà le sue responsabilità”.

Una risposta chiara a Calenda era arrivata in precedenza dallo stesso Zingaretti: “Calenda ieri si è scandalizzato denunciando che Conte decide i candidati del Pd e non era vero – scrive su facebook il governatore – Oggi i candidati del Pd li vuole decidere lui. È un vero peccato. Lotteremo per vincere comunque ma, se si dovesse perdere, la responsabilità sarà anche di questa cultura politica folle che punta sempre a dividere e a favorire la destra“.

Al vertice al Nazareno hanno partecipato il segretario Enrico Letta, il responsabile Enti locali Francesco Boccia, il segretario regionale Bruno Astorre, lo stesso Zingaretti. Letta ha poi sentito al telefono anche il sindaco di Roma Roberto Gualtieri. L’intenzione, si precisa, è quella di “slegare il Lazio dalle altre elezioni regionali”. Nessun ultimatum agli alleati, si spiega ancora, “ma la voglia di fare presto c’è” per decidere il candidato o la candidata migliore nel Lazio. L’opzione di una scelta civica “non è l’unica in campo. L’auspicio è di trovare un nome competitivo”, perché “la Regione è contendibile“.

Resta che i problemi sono in particolare dentro al Pd. Due segnali. Il primo è una presa di posizione di Esterino Montino, ex sindaco di Fiumicino e marito dell’ex senatrice Monica Cirinnà, che si dice “allibito dal fatto che Zingaretti non tenga conto che D’Amato non è un nome inventato da Calenda, ma in campo da luglio scorso e sostenuto da una parte autorevole di militanti e dirigenti del Pd romano, laziale e nazionale”. “La cosa che ancora di più mi stupisce è che si faccia finta di nulla – aggiunge – come se fosse un marziano e non il nome migliore e più noto della sua stessa giunta. Che il segretario nazionale di un partito importante dica chiaramente e anche con una certa enfasi che D’Amato è il candidato più autorevole dovrebbe, prima di tutto, inorgoglire Zingaretti stesso. Ed invece l’attuale presidente preferisce biasimare o dare responsabilità ad altri della confusione imperante nel Pd regionale”. Insomma, il tentativo di Calenda potrebbe aver fatto breccia. Il secondo segnale è che il 10 novembre è in programma al teatro Brancaccio di Roma un’iniziativa promossa proprio da D’Amato alla quale parteciperanno tra gli altri Corrado Augias, Andrea Purgatori e Sergio Rizzo.

Sulla questione è intervenuta anche l’Alleanza Verdi-Sinistra, con una nota congiunta di portavoce e deputati: “Siamo alle solite, dopo aver contribuito a consegnare il Paese alla destra di Meloni e Salvini ora Calenda gli vuole regalare la Lombardia e il Lazio“. “Le motivazioni sono le solite – si legge ancora nella nota – Lui parla di programmi non condivisi con Alleanza Sinistra e Verdi, ma non si è mai confrontato con noi, neanche in vista delle politiche. Lui parla ma non ha il coraggio di dibattere seriamente dei temi più importanti: transizione ecologica, lotta al lavoro precario, incentivare i trasporti pubblici. Le sue idee è legata alla conservazione: militarizzazione del territorio per costruire le centrali nucleari ed eliminazione dei paracadute sociali come il reddito di cittadinanza. La vera innovazione è nei nostri programmi che parlano di rinnovabili, sanità di prossimità, salario minimo orario, norme per affrontare la crisi climatica“.

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