Iniziamo a parlare dei tre film in anteprima, ma in ordine d’uscita. Dal 3 novembre abbiamo in sala In mio vicino Adolf, di Leon Prudovsky. Si tratta di una co-produzione Israele-Polonia. Perché questi preamboli? Perché questo lavoro ritrae un sopravvissuto polacco dei campi di concentramento. Rimasto solo al mondo dopo l’Olocausto si è ritirato in una campagna della Costarica fino al 1960. Anno in cui il suo nuovo vicino di casa tedesco, burbero, schivo e benestante con al seguito servitù e consigliera personale ne colpirà la fantasia e le paure più profonde per via dei suoi occhi di ghiaccio, troppo simili a quelli del defunto führer.

Tra indagini goffe ma rocambolesche, approcci mai convenzionali e un rapporto tra i due vicini che evolverà in maniera piacevolmente dispettosa, il regista e sceneggiatore, con la sua storia, ci pone di fronte al dilemma sull’ipoteticamente redivivo Hitler percorrendo il sentiero della Memoria con arguzia e rispettosa ironia. I suoi protagonisti sono assi del cinema europeo. David Hayman, nella parte del diffidente Polsky, è un attore scozzese di formazione shakespeariana che tra i tanti lavori in cinema e tv compare anche nella recente serie Andor su Disney+. Udo Kier invece fa il sospettato gerarca nazista. Decano tedesco dalla sterminata filmografia internazionale, il suo personaggio ci mostra tratti ambigui tra il mostro senza scrupoli e il vicino rigido ma con inaspettati punti di tenerezza. I loro duetti gustosi sono un valore aggiunto a questa valida tragicommedia sul dubbio dell’identità.

Esce invece il 10 novembre un’intimissima commedia a due che sembra un testo teatrale, ma è una sceneggiatura originale di Katy Brand diretta da Sophie Hyde, con una magistrale Emma Thompson. A proposito di artisti shakespeariani, qui l’attrice londinese, per Il piacere è tutto mio (in versione originale Good luck to you, Leo Grande) si presta a un personaggio che testimonia i nostri tempi. Una donna che ha da poco superato la sessantina, una figlia adulta e un matrimonio piatto e freddo come un ferro da stiro spento, incontra in una stanza d’albergo un escort conosciuto in rete. Leo è elegante, scultoreo e dalla conversazione spigliata. Nancy invece risulta perfino controversa nella sua ricerca di uno stimolo perduto nel tempo poiché insicura, impacciata, agitata. Quanto riuscirà a sbloccarla l’incontro con questo gigolò praticamente millenial?

Sviluppo drammatico per nulla banale, si scoprirà man mano, questo film affonda i suoi migliori colpi nel comune senso del pudore tra ironia caustica, complessi senili tenuti a bada, pettorali palestrati ma gentili e comodi sofà per scandagliare i chiaroscuri intorno al piacere di una donna matura. L’ansia da prestazione al femminile la fa da padrona, mentre il protagonista trentenne Daryl McCormack, già visto in Vikings e Peaky Blinders, sinuoso tra i misteri e le delizie offerte da un uomo in affitto, si rivela ottima spalla per quel monumento della Thompson. Coraggiosa nel mettere a nudo fragilità e debolezze della sua reale età, l’attrice vive a tutto campo il suo character senza risparmiarsi mai. La sua è un’ennesima lezione di cinema e attorialità. Merito anche di un testo che non sbaglia una sillaba e un’impeccabile regia indoor.

Sempre il 10 novembre approda nei cinema Boiling point. Prendete un ristorante stellato a Londra. Lo chef ne è anche titolare e proprio una sera in cui ritarda ci trova una severa ispezione dell’ufficio igiene. I guai si sommeranno a partire dal malcontento del personale, alcuni clienti difficili e un amico chef televisivo che porta lì a cena una fascinosa critica gastronomica. Ovviamente a sorpresa.

Philip Barantini dirige eroicamente questa tempesta perfetta su lavoro e gusto con un piano sequenza di 92 minuti come fosse una corsa verso la fine del mondo. Sì, un solo ciak per serpeggiare in mezzo a questo micro-mondo tra avventori influencer, cameriere che saettano, lavapiatti fancazzisti e chef chini sui piatti. I tre cardini sono il protagonista Stephen Graham, la sous-chef Vinette Robinson, toccante lavoratrice a caccia di un migliore stipendio e l’amico famoso, lo chef sbruffone di Jason Flemyng. Ma tutto il cast brilla e il racconto di questa cinepresa farà impazzire i piattaformari buongustai che hanno appena goduto per la serie The Bear, “gastronomic drama” direi, su Disney+.

Cadiamo infine con Fall. O arrampichiamoci su un’antenna dismessa nel deserto dell’Arizona, realmente esistente peraltro. Si avventurano su questi 600 metri e oltre di ferraglia cigolante due amiche free-climbers, una è youtuber col vizietto del selfie, l’altra è attesa a casa dal padre amorevole Jeffrey Dean Morgan (lo special guest). Thriller ottimamente girato per le inquadrature angolate e le trovate di alta spettacolarità da grande schermo ad opera di Scott Mann. Voi però credereste possibile attaccare un caricabatterie per cellulari alla base di una lampada svitandone semplicemente la lampadina? E fare lo stesso su su in cima a un faro così potente che viene visto dagli aerei?

Scusate lo spoiler, il film è uscito il 27 ottobre in Italia ma è già fuori dalla top ten, ove ha girellato per qualche giorno agli ultimi posti. In Usa è uscito il 12 agosto come acchiappa-teenager, ma nel mondo ha incassato 16,5 milioni di dollari. Ne frutterà altri con i diritti tv, certo. Vanno bene tutte le folli acrobazie, e mirabile ne è l’esecuzione, ma quanto si deve ritenere fessacchiotto il pubblico per pretendere che si beva la trovata terra terra delle lampadine? Francamente spegne l’entusiasmo anche ai non-elettricisti.

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