Sono pagati con fondi pubblici gli allevamenti intensivi che emettono i maggiori quantitativi di ammoniaca. Sono quelli monitorati nel Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti. Ma non sono tutti: in base alle norme vigenti, sono moltissimi gli allevamenti non tenuti ad effettuare nessuna comunicazione, pur contribuendo all’inquinamento complessivo del settore. Sono, invece, 894 quelli italiani che nel 2020 hanno comunicato le loro emissioni di ammoniaca, provocate dalle grandi quantità di reflui zootecnici prodotti. Appartengono a 722 aziende, quasi tutte (l’85,5%) beneficiarie nel 2020 di finanziamenti nell’ambito della Politica Agricola Comune. Greenpeace ha diffuso una mappa che svela dove si trovano questi allevamenti e quanti fondi pubblici ricevono. Delle oltre settecento aziende a cui appartengono, alcune fanno capo a gruppi finanziari come il colosso assicurativo Generali, altre a nomi noti del food come Veronesi SpA, holding che comprende i marchi Aia e Negroni, o a grandi aziende della zootecnia come il gruppo Cascone. Di fatto, nel 2020, hanno ricevuto complessivamente oltre 32 milioni di euro attraverso la Politica agricola comune, in media 50mila euro ad azienda. Ed è una percentuale in crescita, visto che nel 2015 i sussidi alla Pac erano stati erogati al 67% delle società incluse nel Registro.

Il buco nero della mancanza di trasparenza – Ma la normativa attualmente in vigore consente di monitorare, attraverso il registro, solo le emissioni degli stabilimenti più grandi, in grado di ospitare oltre quarantamila polli, duemila maiali o 750 scrofe, escludendo completamente gli allevamenti di bovini, nonostante siano a loro volta responsabili di rilevanti emissioni di ammoniaca e metano. Rimangono fuori anche tutte quelle aziende che, pur essendo sotto la soglia minima che obbliga alla comunicazione dei dati, concorrono alle emissioni totali del settore: questo fa sì che solo una piccola percentuale delle emissioni zootecniche venga registrata ufficialmente a livello europeo. Nel 2020, solo il 7,5% delle emissioni italiane di NH3 derivanti dalla zootecnia (circa 20mila tonnellate), è stato registrato nell’E-PRTR “mentre oltre il 92% delle emissioni italiane di ammoniaca derivanti dalla zootecnia non ha trovato ‘responsabili’ nel registro, perché rimane fuori da un monitoraggio – denuncia Greenpeace – che permetterebbe di quantificare e localizzare tali sorgenti emissive e di effettuare una pianificazione territoriale mirata alla tutela della salute e dell’ambiente”. Una lacuna che potrebbe essere colmata, come previsto dalla proposta della Commissione Ue di modifica della direttiva europea sulle emissioni industriali, che “ha già scatenato violente reazioni da parte di esponenti politici e di alcune organizzazioni di categoria”.

In Lombardia oltre la metà degli allevamenti che emettono più ammoniaca – La mappa diffusa da Greenpeace mostra che le regioni della Pianura Padana sono quelle maggiormente a rischio. Qui, infatti, ha sede il 90% degli allevamenti italiani che nel 2020 hanno emesso più ammoniaca. Al primo posto c’è la Lombardia, dove si trova oltre la metà degli stabilimenti (sono 462, il 52%) che emettono grandi quantità di ammoniaca. Rilasciata principalmente dalle attività agricole, una volta liberata in atmosfera l’ammoniaca si combina con alcune componenti (ossidi di azoto e di zolfo) generando le polveri fini, molto pericolose per la salute umana, in particolare in caso di esposizione cronica prolungata. Di fatto, gli allevamenti intensivi “sono la seconda causa di formazione del particolato fine in Italia, responsabili di quasi il 17% di PM2,5 (meno del 37% dovuto agli impianti di riscaldamento, ma più di quel 14% provocato dal settore dei trasporti e del 10% legato al settore industriale)” ricorda Greenpeace, sottolineando che le percentuali possono arrivare a picchi del 50% in Lombardia, proprio per il gran numero di allevamenti intensivi presenti “responsabili di circa l’88% delle emissioni di ammoniaca regionali”. Al secondo posto per numero di allevamenti intensivi che emettono grandi quantità di ammoniaca ci sono l’Emilia-Romagna, il Veneto e il Piemonte, con rispettivamente 134, 105 e 100 allevamenti. Considerando anche la Lombardia, queste quattro regioni padane ospitano il 90% degli allevamenti registrati in Italia e da cui si produce il 90% delle emissioni monitorate di ammoniaca.

Fondi pubblici a chi inquina – L’inchiesta di Greenpeace mostra anche la suddivisione regionale dei sussidi. Agli allevamenti lombardi sono andati, nel 2020, quasi 17 milioni di euro di sussidi Pac (il 53% del totale), mentre per le altre tre regioni padane si parla di oltre 3 milioni di euro. La stessa cifra, però, è andata anche al Friuli Venezia Giulia, quinto in classifica con 37 allevamenti. “Le polveri fini (PM2,5) sono responsabili di decine di migliaia di morti premature ogni anno: l’Agenzia Europea per l’Ambiente ha stimato quasi 50mila vittime in Italia nel solo 2019. Com’è possibile ridurre drasticamente la diffusione di queste sostanze, se, parallelamente, si continuano a finanziare i modelli zootecnici intensivi e inquinanti che le producono?” sottolinea Simona Savini, campagna Agricoltura di Greenpeace Italia. Per l’inchiesta, Greenpeace ha effettuato visure sulle prime dieci aziende in classifica come ‘maggiori emettitori di ammoniaca’ e ‘maggiori beneficiari di fondi Pac’ tra quelle presenti nel database acquisito da Ispra per l’anno 2020. Tra questi, il colosso assicurativo Generali “che – racconta Greenpeace – attraverso l’Azienda Agricola Terranova, gestita dalla controllata Genagricola, è l’azienda che ha ricevuto più fondi Pac nel 2020 (quasi 2 milioni e mezzo di euro) e dichiarato oltre 35 tonnellate di ammoniaca emessa. Compaiono anche grandi holding, come il Gruppo Veronesi che comprende i marchi Aia e Negroni. Con la sua controllata, la Società Agricola La Pellegrina SPA, “il gruppo si colloca al quarto posto nell’elenco degli allevamenti maggiori emettitori, con oltre 290 tonnellate di ammoniaca dichiarate a fronte di oltre 480mila euro di fondi ricevuti”. E poi ci sono grandi gruppi del mondo zootecnico come la Società Bompieri Allevamenti che gestisce 22 allevamenti e nel 2020 ha dichiarato emissioni per 14 di questi, con quasi 445 tonnellate di ammoniaca, o il gruppo Cascone che, attraverso le diverse società presenti in elenco, nel 2020, è il secondo gruppo per fondi Pac ricevuti con oltre un milione di euro, dichiarando quasi 148 tonnellate di ammoniaca emessa.

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