“Il mio ruolo principale (in qualità di presidente dell’Aiad, la Federazione delle Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza, nda) era quello di aiutare le aziende italiane all’estero. Lavoravo accanto ai governi e ai ministri della Difesa, dalla Trenta a Pinotti a Guerini, che dunque non erano mai controparte. È evidente che non esista alcun conflitto di interessi”.

Con queste parole, e dopo aver evidenziato di aver “lasciato ogni incarico, come prevede la legge”, e non senza una coda minacciosa – “d’ora in poi ho deciso di tutelarmi legalmente contro chiunque lo scriverà” – il neo ministro della Difesa Guido Crosetto ritiene di aver liquidato qualunque possibile dubbio sul conflitto di interessi.

Perché, in effetti, la nomina di colui che per anni, dai vertici dell’Aiad, ha difeso gli interessi delle grandi imprese delle armi, proprio al Ministero che più ha a che fare con l’acquisto di armamenti, qualche dubbio lo fa venire.

E le sue affermazioni, più che fugarli, questi dubbi li confermano.

Anche se più che il “conflitto di interessi” il problema è quello delle “porte girevoli” (“revolving doors” in inglese, “pantouflage” in francese). Cioè quel movimento continuo di persone che passano dall’attività politica a quella di “lobbying” per imprese o associazioni industriali, magari passando anche per qualche ente regolatore.

Il caso Schröder

Il caso probabilmente più famoso è quello dell’ex Cancelliere tedesco Gerhard Schröder: dopo aver rivestito questa carica politica dal 1998 al 2005, nel 2006 fu nominato presidente del consorzio Nord Stream da parte del gigante russo dell’energia Gazprom. E Schröder titoli di merito per aspirare a quella carica ne aveva: durante i suoi anni da Cancelliere aveva dato luce verde a circa un miliardo di euro di sovvenzioni per il completamento proprio del Nord Stream, il gasdotto che parte dalla Russia per arrivare in Germania.

Crosetto e le imprese dell’Aiad

Crosetto fa invece il percorso opposto: dall’associazione industriale Aiad, da più parti definita “lobby delle armi”, alla politica. Tra le 183 imprese che aderiscono ad Aiad e i cui interessi sono stati dunque tutelati da Crosetto fino all’altro giorno, ci sono colossi del calibro di Rwm Italia S.p.A., divisione italiana della tedesca Rheinmetall, che nello stabilimento di Domusnovas nel Sud della Sardegna tra il 2015 e il 2021 ha prodotto le armi usate da Arabia Saudita e Emirati Arabi nella guerra in Yemen; o la Beretta, leader mondiale nella produzione e commercializzazione di munizioni; o, ancora, Leonardo e Fincantieri, i due principali player italiani in tema di armamenti.

Quali interessi saranno difesi? Quelli delle imprese o quelli dei cittadini?

Rappresenterà dunque questi stessi interessi anche oggi che è diventato ministro? Dalle parole rilasciate a La Repubblica pare proprio di sì, dato che pare suggerire ci sia una perfetta convergenza di interessi tra grandi imprese delle armi e ministero della Difesa. Come se Santanchè dicesse che gli interessi del settore turistico italiano coincidono con quelli dei proprietari degli stabilimenti balneari. Ma siamo sicuri che sia così?

Mettere mano alle “Porte Girevoli”

La nomina di Crosetto (ma non solo) segnala che in Italia è urgente cominciare a normare il fenomeno delle “porte girevoli”. Nel 2021 il Consiglio d’Europa ha incalzato il nostro Paese affinché mettesse uno stop alle porte girevoli tra magistratura e politica. Ma non è sufficiente. Serve intervenire nel rapporto tra grandi imprese e politica per evitare che i rappresentanti dei cittadini diventino in maniera smaccata i rappresentanti dei grandi gruppi industriali e finanziari. Il caso Padoan dovrebbe aver alzato il livello d’allerta. Eppure pare che nulla si muova.

Il primo passo dovrebbe essere una norma che vieti per un congruo numero di anni a chi ha rivestito determinati ruoli – ad es. ministri, viceministri, sottosegretari, ecc. – di diventare lobbysti il giorno dopo aver dismesso i panni istituzionali. E, viceversa, che imponga un “cooling-off”, un periodo di “raffreddamento”, a chi, lobbysta, volesse passare a esercitare funzioni politiche, magari nell’esecutivo nazionale.

Non sarà certo una norma come questa a trasformare i politici in rappresentanti degli interessi popolari e non di quelli dei grandi gruppi economici, ma renderà più complicata e meno immediata questa comunanza di affari che oggi rischia di non avere alcun limite.

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