Nel giorno del passaggio della campanella, dentro Forza Italia si ricomincia a discutere e non si è ancora spenta l’eco dello strappo con Giorgia Meloni durante la trattativa per formare il governo. È Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera, a chiarire che nel partito “ha provocato disappunto l’atteggiamento di Giorgia Meloni”. In un’intervista a la Repubblica, l’ex direttore di Panorama ha sottolineato che a esternarlo era stato lo stesso Silvio Berlusconi “quando ha posto la questione del condizionale e non dell’imperativo da usare nel dialogo fra alleati”, frasi che erano emerse dagli audio pubblicati da La Presse. Mulè entra anche nella dialettica interna al partito, chiedendo di “rilanciarlo” e non negando l’esistenza di “frizioni” e “fazioni”. Ma, specifica, “non è più il tempo di recriminare, né di cercare vendette”.

La tensione tuttavia resta alta tra la corrente di Antonio Tajani e quella di Licia Ronzulli, ora capogruppo azzurra al Senato. La richiesta del vicepresidente della Camera è chiara: “Una giusta riflessione l’ha avviata Paolo Zangrillo, ponendosi il problema della compatibilità fra il ruolo di ministro e quello di coordinatore in Piemonte – ha detto – Credo che analogo ragionamento non potrà che fare Tajani, che al ruolo di coordinatore nazionale somma quelli di ministro, vicepremier e probabilmente di capodelegazione di Fi. E lo stesso vale per la neo-ministra Bernini, che è vicecoordinatrice del partito”. Il vice-presidente della Camera è tornato anche a sottolineare quali punti del programma sono imprescindibili per Forza Italia, definito “guardiano” di “riforma della giustizia civile e penale, la separazione delle carriere, nuove norme del Csm, delegificazione”.

I berlusconiani non sono gli unici sull’attenti tra i partiti che compongono la maggioranza. Con Noi Moderati escluso dalle poltrone di governo, Maurizio Lupi è subito tornato a chiedere considerazione nella settimana in cui si apre la partita dei sottosegretari: “Mi aspetto che per Noi moderati, in grado di esprimere più competenze, ci sarà una chiamata per ruoli di sottosegretario”, ha chiesto a chiare lettere in una intervista al Corriere della Sera.

Quello di Lupi è stato più volte un nome accostato al ruolo di ministro per i Rapporti con il Parlamento, casella andata al meloniano Luca Ciriani: “Sarei rimasto deluso o sorpreso se mi avessero detto che sarei stato ministro e poi avessi scoperto che non era così. Invece è da subito dopo il voto che rivendico di non voler partecipare ai totonomine. Non ho inseguito il rincorrersi di nomi sulle varie caselle e Ciriani sarà certamente bravo”. Ma Lupi non nasconde la delusione: “In generale avrei voluto per Noi moderati un risultato migliore. Ma rivendico il contributo fondamentale che abbiamo dato nei collegi in bilico e il valore politico della nostra proposta. Tuttavia la sintesi spettava a Giorgia Meloni”, ha concluso.

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