Poco più di un anno fa la notizia di un femminicidio e un tentato suicidio. Lei, che era malata di depressione, uccisa con un fucile da caccia, lui in prognosi riservata. E in casa fu trovato un biglietto nel quale i due annunciavano la volontà di farla finita insieme. I carabinieri ritrovarono nella loro auto, ancora abbracciati, con lei accasciata sulle gambe di lui, i due coniugi: Maria Rosa Elmi, 73 anni, oramai senza vita, e il marito. Prima di perdere conoscenza implorò con un filo di voce il maresciallo dei carabinieri chiamato dai vicini, allarmati dai colpi: “Sparami, ti prego – gli disse – lasciami andare con mia moglie”. Quella mattina erano passati a casa dalla figlia e le avevano lasciato un biglietto di poche righe dicendo di volerla far finita, insieme. “Mamma voleva morire – confermò in aula la figlia della coppia – e papà ne soffriva. Ogni volta che ero con loro, papà si nascondeva in qualche stanza e piangeva”. Davanti al giudice per le indagini preliminari il pensionato confessò: volevamo morire.

Al processo la procura ha chiesto di derubricare il reato da omicidio volontario a omicidio del consenziente: il pm Marco Forte ha invocato 5 anni. E la Corte d’assise di Bologna ha modificato il reato per Mauro Bergonzoni, 77 anni, che era imputato di omicidio volontario ed è stato giudicato per omicidio del consenziente, che non prevede l’ergastolo. La pena inflitta è stata 8 anni con la concessione delle attenuanti generiche proprio perché l’anziana, colpita da una grave forma depressiva, aveva tentato il suicidio nel 2019 bevendo varechina. L’istruttoria ha fatto emergere la sofferenza, ma anche l’amore e il dolore per una situazione che marito e moglie non sapevano più come affrontare. La Corte presieduta dal giudice Pier Luigi Di Bari, quindi, dopo una breve camera di consiglio ha ritenuto corretta l’interpretazione di pm e avvocati di difesa accogliendo la modifica dell’imputazione.

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